La diffusione delle Conoscenze e delle Competenze Scientifiche: Testimonianze (3)

Benedetta CappelliniArticoli

Paola Platania è ricercatrice in fisica presso l’Istituto di Fisica dei plasmi del CNR di Milano; ha lavorato per anni insieme al Prof. Marco Bersanelli, uno dei responsabili del progetto ESA Planck, per lo studio della radiazione di fondo (CMB). Ora si occupa soprattutto di Fusione Nucleare. Testimonianza.Una parte non trascurabile del mio tempo è dedicata all’incontro con bambini e ragazzi nelle scuole di ogni ordine e grado, spesso a seguito delle mostre del Meeting, spesso invece su sollecitazione di maestri e professori, incrociando quindi ciò che interessa a me con ciò che interessa a loro. Non la chiamerei “divulgazione” ma “condivisione”, cioè un bisogno mio profondo di fare partecipe l’altro di ciò che vivo.
Negli ultimi anni questo lavoro (si, perche’ e’ proprio un lavoro, con tutta la dignita’ che questa parola rievoca) è diventato per me indispensabile, perchè luogo di esperienza, cioè di scoperta profonda del significato della realta’ scientifica che ho davanti e del significato del rapporto tra essa e l’umano. Provero’ ad accennare in breve ad alcuni degli aspetti che più mi hanno sorpreso e di cui, a ripensarci, sono grata. Solo un paio di esempi per stare nel breve tempo a disposizione.
Quanto più un bambino è piccolo tanto più l’incontro con lui è privo di ambiguità; cioè è chiaro che quello che al bambino interessa è il suo io, ciò che massimamente cerca nella vita di una stella, nella struttura geologica della Terra, nelle proprietà dell’acqua, è il legame che questa cosa ha con sé. Questo si capisce soprattutto dalle domande, ma anche dagli occhi e da quello che succede alla fine del nostro incontro. Se ciò che cerchi è la corrispondenza tra la realtà e il tuo io, quando la trovi sei subito pronto ad abbracciarla. Per un bambino non c’è nessuna distanza tra il riconoscimento del bello e l’amore per esso; mentre spesso noi adulti riconosciamo la bellezza ma teniamo l’oggetto distante, un bambino quando riconosce ama. Cioè usa la ragione non solo nel suo aspetto speculativo ma immediatamente anche come affezione.
Accorgermi di questa dinamica per me è stata un’esperienza potentissima. Quante volte mi è capitato che qualche piccolissimo della scuola materna volesse essere preso in braccio da me alla fine dell’incontro oppure qualche ragazzina degli ultimi anni delle elementari mi chiedesse un autografo. E’ proprio l’affermazione pura della corrispondenza.
Allora mi sono guardata indietro e mi sono chiesta: ma io ho mai conosciuto cosi’?
Uso la ragione in questo modo così potente?
Posso rintracciare nella mia storia “scientifica” dei momenti in cui ciò è accaduto?
Dallo stupore davanti al metodo di conoscenza di questi bambini alla stupore davanti ai momenti della mia storia in cui ciò è accaduto anche a me. E allora cito soprattutto le riunioni settimanali del nostro gruppo di cosmologia in cui sono stata così sollecitata dall’esempio di altri ad amare il satellite Planck, ad amare la radiazione cosmica di fondo, ad amare il piccolo particolare su cui stavo lavorando che uscivo di li’ sempre con molte idee in più e molta energia in più rispetto a un’ora prima. L’esempio di metodo che ogni volta questi bambini mi insegnano è uno strumento potente per il mio lavoro di ricercatore.

Un’altra cosa assolutamente importante che ne sto ricavando è la seguente. Man mano che il gusto per questo aspetto del lavoro dello scienziato è aumentata negli anni, mi sono anche resa conto che quello che più mi interessava era il rapporto con quei bambini e quegli insegnanti. Può sembrare strano visto che spesso li vedo per una sola volta nella vita e poi piu’. Ma per me la partita da giocare insieme è molto alta, perchè se è vero quello che ho detto prima è un momento di vera “educazione”, mia e loro. E allora è inevitabile l’affezione per quelle facce, il desiderio del rapporto con loro. C’è in ballo la paternità e la maternità, desidero che in quell’ora, in quel piccolo frangente della vita, quei bambini siano miei figli e che insieme siamo figli di chi ci dona la stelle, la terra, l’acqua, tutta la natura che insieme stiamo indagando.
Ancora una volta, dopo questa scoperta mi sono chiesta: ma è così anche nel lavoro quotidiano?
Con i miei colleghi, con i miei professori?
Ed ecco che mi sono ritrovata a domandare con coscienza (e anche esplicitamente) il rapporto con alcuni amici che lavorano con me. Tutta la vita è un rapporto, siamo fatti per quello, è il cuore di ogni passo, anche se spesso non lo ricordiamo. Per me l’esperienza con i bambini nell’incontro con la realtà scientifica è stato un grandissimo aiuto a prenderne coscienza.
L’ultimo aspetto a cui brevemente accenno è quello della scoperta. La scoperta è un avvenimento che ci supera, che supera le previsioni, i conti, le energie che ci abbiamo messo, le speranze. Perché è la realtà che si impone, che si fa vedere, che si lascia vedere. Un esempio che mi (ci) è successo recentemente è stato il lancio del satellite Planck, a coronamento di 17 anni di lavoro, per lo studio dell’origine ed evoluzione dell’Universo.   Ogni millimetro del satellite era stato pensato e costruito con cura, ogni conto era stato fatto, ogni fase del lancio pensata e ripensata. Nulla è stato lasciato al caso e, per fortuna, nessun imprevisto è successo. Eppure il lancio del satellite è stato più di quello che avevamo previsto e calcolato nei minimi dettagli, è stato un avvenimento sorprendente; a tal punto che alcuni hanno pianto, altri sono rimasti senza parole, altri hanno ritrovato l’entusiasmo che fino alla settimana precedente sembrava scomparso. Quando incontro i bambini, loro fanno sempre molte scoperte; non è solo una serie di notizie in più che fino al giorno prima non avevano. Le bocche spalancate, gli occhi luminosi, i sorrisi che si aprono dicono che avviene qualcosa di più, una scoperta appunto, come l’ho definita all’inizio cioè un avvenimento che li supera. Perché?

Viene quasi da sorridere, si può pensare che sia perché non sanno quasi niente, ma la verità è che prendono sul serio la possibilità di lasciare aperta la porta, di fare entrare lo sconosciuto che si rende conoscibile. E’ uno stupore pieno di certezza, la certezza della bontà e della conoscibilità del reale che passa attraverso la fiducia verso l’adulto. Quando anch’io ho questa umiltà certa del grande dono della conoscibilità del reale, allora faccio scoperte una dietro l’altra, perché è uno sguardo nuovo anche sulle solite cose: non posso più prescindere da questi incontri.

Le esperienze più significative presentate nel Rapporto di Fine Legislatura riguardo le Vocazioni Scientifiche: