Le due anime della conoscenza che si incontrano nel Big Bang

Benedetta CappelliniNews

L’indagine astrofisica e cosmologica ci porta sempre più a ridosso di quell’evento straordinario che è stato l’inizio del nostro universo. Il bello è che questi due tipi di ricerche sono fortemente interconnesse e le conoscenze in un campo si riversano e incrementano subito quelle nell’altro, ma non sono solo questi due settori delle scienze a vivere incontri ravvicinati. Sempre più le domande che emergono dalle discipline scientifiche interpellano filosofi e teologi che dal 30 novembre al 2 dicembre presso la Pontificia Università Lateranense si troveranno a discuterne durante il congresso internazionale: “1609-2009. From Galilei’s Telescope To Evolutionary Cosmology – Science, Philosophy and Theology in Dialogue”. 
L’indagine astrofisica e cosmologica ci porta sempre più a ridosso di quell’evento straordinario che è stato l’inizio del nostro universo: gli astrofisici studiano l’eco del grande scoppio primordiale e analizzano i diversi segnali che provengono dalle profondità cosmiche, mentre i fisici delle particelle riproducono negli acceleratori, come il Cern di Ginevra, la materia in condizioni molto simili a quelle di 13 – 14 miliardi di anni fa.
Il bello è che questi due tipi di ricerche sono fortemente interconnesse e le conoscenze in un campo si riversano e incrementano subito quelle nell’altro. Ma non sono solo questi due settori delle scienze a vivere incontri ravvicinati. Sempre più le domande che emergono dalle discipline scientifiche interpellano filosofi e teologi e le riflessioni di questi ultimi non sono più viste solo come esercizio dialettico ma offrono contributi interessanti per una scienza che si accorge di non essere autosufficiente e di avere continuo bisogno di trovare fondamenti solidi su cui costruire le sue teorie.

Di questo era consapevole Galileo 400 anni fa, e ne ha scritto in due celebri lettere: all’allievo e amico benedettino, il frate-scienziato Benedetto Castelli; e alla granduchessa Cristina di Lorena, esprimendo la convinzione che procedono «di pari dal Verbo divino la Sacra Scrittura e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio». Ne sono consapevoli anche gli studiosi della alla Pontificia Accademia delle Scienze e alla Pontificia Università Lateranense che hanno organizzato per i prossimi giorni (30 novembre -2 dicembre),presso quest’ultima università il congresso internazionale “1609-2009. From Galilei’s Telescope To Evolutionary Cosmology – Science, Philosophy and Theology in Dialogue”, chiamando a confrontarsi premi Nobel, filosofi, teologi e storici sui grandi sviluppi attuali dell’intuizione galileiana.

Il congresso si pone come evento conclusivo delle celebrazioni organizzate dalla Santa Sede per l’Anno Galileiano e intende testimoniare – secondo Gianfranco Basti, Decano della Facoltà di Filosofia alla Lateranense e principale chairman dell’iniziativa – «il rinnovato spirito di dialogo fra scienza, filosofia e teologia che ormai da decenni caratterizza lo scenario culturale Internazionale. Uno spirito che è frutto e al tempo stesso elemento propulsore, di una nuova e reciproca consapevolezza, che finalmente si sta diffondendo, dei limiti delle varie forme di conoscenza. Esso rende il dialogo e il confronto fra le varie discipline non solo e non tanto una virtù morale, quanto una necessità logica ed epistemologica; superando i falsi concordismi o i ridicoli anatemi dei contrapposti fondamentalismi laicista e clericalista».

Sarà interessante allora seguire il dialogo che famosi fisici e matematici, come i Nobel George Smoot e Carlo Rubbia e i fisici Nicola Cabibbo, Roger Penrose, Leo Smolin e Marco Bersanelli, intesseranno con filosofi e storici della scienza come Owen Gingerich, Marcello Pera, Enrico Berti, William Carroll, Marcelo Sanchez-Sorondo (cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze) e lo stesso Basti.
Gli interventi di teologi del calibro del Cardinal Georges Cottier, dei Vescovi Gianfranco Ravasi e Rino Fisichella, di Charles Morerod e di Giuseppe Tanzella-Nitti, non saranno certo su posizioni difensive, in linea con quanto hanno più volte sostenuto gli ultimi pontefici.
Parlando ai partecipanti a un analogo convegno di cosmologia un anno fa, Benedetto XVI affermava: «il mondo, lungi dall’essere stato originato dal caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento del cosmo, la materia in quanto tale è “leggibile”. Possiede una “matematica” innata.  La mente umana, quindi, può impegnarsi non solo in una “cosmografia” che studia fenomeni misurabili, ma anche in una “cosmologia” che discerne la logica interna visibile del cosmo …. Grazie alle scienze naturali abbiamo molto ampliato la nostra comprensione dell’unicità del posto dell’umanità nel cosmo».

Del resto, se è vero che negli ultimi tempi l’interazione tra studiosi di discipline diverse ha fatto passi avanti e che molte barriere sono state superate, bisogna anche riconoscere che l’attenzione da parte della Chiesa per la ricerca scientifica, e per l’astronomia e la cosmologia in particolare, ha radici antiche. Come si potrà constatare visitando la mostra Magna longeque admirabilia: Astronomia e Cosmologia nel fondo antico della Biblioteca Beato Pio IX, che sarà inaugurata domenica 29 novembre come evento collaterale al convegno. L’esposizione esporrà allo sguardo dei visitatori fino al 18 dicembre più di cento tra cinquecentine e alcuni incunaboli appartenenti al fondo Stampati Antico della Biblioteca. Un patrimonio librario di raro pregio e bellezza che, per dirla con le parole di prefazione di Mons. Fisichella al catalogo, edito da Panini e Lateran University Press, «permette di verificare come cosmologia, astronomia, scienza, teologia e filosofia non solo siano stati nel passato in stretto contatto, ma come questi debbano necessariamente mantenere fermo il dialogo e il confronto scientifico».

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