Quando Galileo fabbricò il suo primo telescopio, nell’estate del 1609, volgendo verso il cielo stellato uno strumento ottico inventato in Olanda, e fece quelle scoperte che lo renderanno celebre in Europa, non immaginava certo che si sarebbe trovato a Roma, un quarto di secolo dopo, in ginocchio, davanti ai cardinali del Tribunale dell’Inquisizione, per abiurare la dottrina di Copernico.
Con la pubblicazione del Sidereus Nuncius, nel marzo del 1610, e la nomina a “primario matematico e filosofo” del granduca di Toscana cominciava una lunga battaglia fatta di dispute, lettere e libri che monsignor Sergio Pagano ricostruisce nei suoi tratti essenziali nella recente sua fatica galileiana e soprattutto nell’ampia introduzione che precede la nuova edizione dei documenti del processo da lui curata: I documenti vaticani del processo di Galileo Galilei (1611-1741) (Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2009, pagine 550, 16 tavole fuori testo, “Collectanea Archivi Vaticani”, 69).L’introduzione – che si fonda sui principali contributi della recente storiografia – propone una rilettura dei grandi testi galileiani, dalla Lettera a Cristina di Lorena, al Saggiatore, al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, che conduce il lettore al cuore della questione copernicana.
Le abbondanti citazioni delle opere e della corrispondenza riproducono l’atmosfera dei dibattiti suscitati da Galileo, in particolare nel corso dei suoi diversi soggiorni romani. Il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano non ha voluto dirimere dibattiti storiografici o formulare nuovi ipotesi interpretative sulle questioni ancora aperte, ma fornire al lettore gli elementi indispensabili per comprendere i documenti del processo.
Una ricca annotazione, che fornisce abbondanti notizie biografiche, e le belle illustrazioni, che danno un volto ai personaggi del dramma – tranne Galileo, perché certamente troppo noto – contribuiscono a far rivivere la temperie del Seicento: dalle manovre dei domenicani fiorentini ostili al matematico, alle strategie degli amici romani, alle mosse della diplomazia granducale e pontificia, alle collere di Papa Urbano viii – tutto un mondo rivive, colto dall’autore anche nei suoi risvolti psicologici. Appare così un “Galileo cattolico” e “ottimista”, alle prese con i rappresentanti del “sapere fratesco”, o con un Papa – il fiorentino Maffeo Barberini – che volle essere garante, nel contesto difficile della guerra dei Trent’Anni, della “superiorità della fede sulle dottrine filosofiche”.
Certo ogni lettura è interpretazione, ma il merito di questa edizione è di fornire al pubblico, in occasione dell’anno internazionale dell’astronomia, uno strumento per cogliere – attraverso i documenti – la storia del celebre processo.
Per gli studiosi noteremo che la seconda parte dell’opera ripropone l’edizione degli atti del processo di Galileo che l’autore aveva curato, per volere di Giovanni Paolo II, nel 1984, arricchendola di nuovi documenti in parte ritrovati dopo l’apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede (1998).
La definizione di un corpus è sempre discutibile: la scelta di pubblicare i “documenti vaticani” del processo, ispirata da un criterio istituzionale-topografico, non è forse interamente condivisibile ma permette tuttavia di offrire al lettore la parte principale della documentazione, dalla denuncia alla sentenza fino alla ricezione della condanna di Galileo.
Al celebre incartamento processuale galileiano si aggiungono i decreti della Congregazione del Sant’Uffizio e vari altri documenti conservati presso l’Archivio Segreto o la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Fra essi si annovera il noto “G3”, ossia la denuncia dell’atomismo del Saggiatore, fondamento dell’ipotesi di un’eresia eucaristica di Galileo, formulata nel 1983 da Pietro Redondi.
Se la scelta di un orizzonte cronologico limitato al 1741 si comprende, dato il criterio ritenuto per la definizione del corpus, sorprende invece l’assenza di alcuni documenti della Congregazione dell’Indice, in particolare il decreto del primo marzo 1616, e i documenti preparatori alla correzione del De revolutionibus di Copernico, già pubblicati da Pierre-Noël Mayaud; ma forse il curatore li ha ritenuti paralleli al processo e non immediatamente legati alla vicenda.
I criteri di edizione adottati – fra cui il rispetto rigoroso della disposizione dei documenti e della punteggiatura – e la precisa annotazione forniscono al lettore un prezioso strumento che si colloca, rinnovandola, nella lunga tradizione di edizione dei documenti del processo, ricostruita dall’autore nell’introduzione: dalle movimentate vicende del trasporto degli archivi pontifici a Parigi, voluto da Napoleone, al difficile recupero dell’incartamento processuale di Galileo, alle edizioni e alle polemiche ottocentesche.
*Laboratoire de Recherche Historique Rhône-Alpes (Cnrs), Lione