Come e perché fu processato e condannato Galileo? Da oltre centotrent’anni gli studiosi si sono dedicati a rispondere a questa domanda. Sopraggiunge oggi un contributo decisivo con la nuova edizione accresciuta, rivista e annotata dal prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, il vescovo Sergio Pagano, del volume I documenti vaticani del processo di Galileo Galilei (Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2009, pagine 550, 16 tavole fuori testo, “Collectanea Archivi Vaticani”, 69). Ne parliamo con il curatore che ci ricorda come fin dal 1877 si ebbe la prima edizione parigina del cosiddetto “codice vaticano” del processo a Galileo a opera di Henri de L’Épinois, uno studioso laico che ebbe il permesso sotto il pontificato di Pio ix – era Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa il cardinale Jean-Baptiste Pitra – di visionare le carte del processo.L’opera – osserva monsignor Pagano – per vari motivi fu parziale e lacunosa. Seguirono edizioni analoghe curate nello stesso anno a Stoccarda da Karl von Gebler e un anno dopo da Domenico Berti. Solo nel 1909 Antonio Favaro, nel xix volume dell’edizione nazionale delle Opere di Galileo (1888-1909), compiva un deciso passo avanti. Si deve poi effettuare un ben più ampio balzo temporale fino al 1984, quando lo stesso Sergio Pagano, per volere di Giovanni Paolo ii pubblica una nuova edizione dei documenti del processo allo scienziato pisano. “La brevità dei tempi allora – ricorda monsignor Pagano – mi
costrinse a giornate di lavoro molto intenso e il risultato mi soddisfece solo in parte. Per questo come ho potuto, mi sono dedicato alla presente nuova edizione di 550 pagine e 1300 note. E ho piacere che il volume – che uscirà per la fine di giugno – veda la luce proprio ora: è il contributo umile e silenzioso dell’Archivio Segreto alla celebrazione dell’Anno Internazionale dell’Astronomia”. Dal 1984 a oggi – osserva monsignor Pagano – molti studi relativi a questa celebre vicenda sono apparsi in veste di monografie e di saggi su riviste storiche; ma soprattutto dal 22 gennaio 1998: quando sono stati ufficialmente aperti agli studiosi gli archivi del Sant’Officio e quello della Congregazione dell’Indice, entrambi conservati nell’Archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Quest’ultimo evento ha avuto una rilevanza notevole e ha stimolato nuove indagini e approfondimenti non solo sugli atti superstiti della vicenda giudiziaria in questione, ma anche sul funzionamento della stessa Inquisizione Romana e sui personaggi che ne furono guida o membri lungo i secoli.
Rispetto alle edizioni precedenti degli atti processuali galileiani le novità più rilevanti odierne sono determinate dalla maggiore conoscenza dei personaggi implicati nel procedimento, tutti precisati nelle note, compresi moltissimi inquisitori; dai documenti presentati nella loro genuinità – originali, copie, sunti, note d’ufficio – con rigorose note archivistiche; dal panorama, come si è detto, delle fonti “vaticane” riguardanti il processo allo scienziato pisano e cioè l’Archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Archivio Segreto Vaticano, la Biblioteca Apostolica Vaticana.La nuova edizione comprende naturalmente tutte le carte già note e almeno una ventina di nuovi documenti reperiti nell’Archivio del Santo Officio dopo il 1991 da alcuni ricercatori: in particolare Ugo Baldini e Leen Spruit. La nuova edizione annota criticamente i vari documenti dei quali propone una edizione fedele agli originali che – come sottolinea monsignor Pagano – sono stati letti di nuovo, riga per riga. L’edizione dei documenti è preceduta da una ampia introduzione storica alle vicende che gradualmente portarono all’istruzione e allo svolgimento del processo, a partire dalle denunce del domenicano Tommaso Caccini, dal 1616 al 1633 e fino al 1741, quando, sotto il pontificato di Papa Benedetto xiv, fu permessa la costruzione del mausoleo nella basilica di Santa Croce di Firenze (di fronte alla tomba di Michelangelo) e fu consentita la pubblicazione a Padova dell’opera galileiana ferme restando le censure del Sant’Uffizio.
Il 31 ottobre 1992, nel rivolgersi ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Giovanni Paolo ii diceva a proposito del processo: “Come la maggior parte dei suoi avversari Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. È per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un’ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore (…) Il problema che si posero dunque i teologi dell’epoca era quello della compatibilità dell’eliocentrismo e della Scrittura.
Così la scienza nuova, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, costringeva i teologi a interrogarsi sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. La maggior parte non seppe farlo. Paradossalmente, Galileo, sincero credente, si mostrò su questo punto più perspicace dei suoi avversari teologi”.
Anche a giudizio di monsignor Pagano l’atteggiamento dei teologi avrebbe potuto essere più comprensivo ed elastico. Fermo restando che i tempi storici non erano maturi per recepire gli studi scientifici del grande studioso pisano è innegabile che in questa vicenda siano stati commessi diversi errori; anche da parte dello stesso Galileo, dice il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano. In una cultura dominata dalla visione tolemaica l’irruzione del sistema copernicano che veniva a contraddire sistematicamente la Scrittura – allora letta senza interpretazioni – richiedeva da parte dello studioso un atteggiamento meno apodittico quale traspariva da il Dialogo sopra i massimi sistemi. Al tempo stesso non si può negare la ferma e risoluta decisione di Urbano viii a volere il processo e la condanna affidando le carte e gli studi di Galileo al vaglio di studiosi prevenuti e non sempre all’altezza. Tra i gesuiti – che rimasero fuori dal procedimento – infatti non sarebbero mancati atteggiamenti disposti a essere più indulgenti con gli studi del pisano che invece, come recitava la sentenza: essendosi egli reso “veementemente sospetto d’eresia” era incorso nelle censure e nelle pene previste. Queste consistettero, com’è noto, nel domicilio coatto e in una vita di preghiere e
penitenze. Prima per pochi giorni a Villa Medici a Roma, poi a Siena e infine ad Arcetri, dove Galileo sarebbe morto nel 1642.
costrinse a giornate di lavoro molto intenso e il risultato mi soddisfece solo in parte. Per questo come ho potuto, mi sono dedicato alla presente nuova edizione di 550 pagine e 1300 note. E ho piacere che il volume – che uscirà per la fine di giugno – veda la luce proprio ora: è il contributo umile e silenzioso dell’Archivio Segreto alla celebrazione dell’Anno Internazionale dell’Astronomia”. Dal 1984 a oggi – osserva monsignor Pagano – molti studi relativi a questa celebre vicenda sono apparsi in veste di monografie e di saggi su riviste storiche; ma soprattutto dal 22 gennaio 1998: quando sono stati ufficialmente aperti agli studiosi gli archivi del Sant’Officio e quello della Congregazione dell’Indice, entrambi conservati nell’Archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Quest’ultimo evento ha avuto una rilevanza notevole e ha stimolato nuove indagini e approfondimenti non solo sugli atti superstiti della vicenda giudiziaria in questione, ma anche sul funzionamento della stessa Inquisizione Romana e sui personaggi che ne furono guida o membri lungo i secoli.
Rispetto alle edizioni precedenti degli atti processuali galileiani le novità più rilevanti odierne sono determinate dalla maggiore conoscenza dei personaggi implicati nel procedimento, tutti precisati nelle note, compresi moltissimi inquisitori; dai documenti presentati nella loro genuinità – originali, copie, sunti, note d’ufficio – con rigorose note archivistiche; dal panorama, come si è detto, delle fonti “vaticane” riguardanti il processo allo scienziato pisano e cioè l’Archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Archivio Segreto Vaticano, la Biblioteca Apostolica Vaticana.La nuova edizione comprende naturalmente tutte le carte già note e almeno una ventina di nuovi documenti reperiti nell’Archivio del Santo Officio dopo il 1991 da alcuni ricercatori: in particolare Ugo Baldini e Leen Spruit. La nuova edizione annota criticamente i vari documenti dei quali propone una edizione fedele agli originali che – come sottolinea monsignor Pagano – sono stati letti di nuovo, riga per riga. L’edizione dei documenti è preceduta da una ampia introduzione storica alle vicende che gradualmente portarono all’istruzione e allo svolgimento del processo, a partire dalle denunce del domenicano Tommaso Caccini, dal 1616 al 1633 e fino al 1741, quando, sotto il pontificato di Papa Benedetto xiv, fu permessa la costruzione del mausoleo nella basilica di Santa Croce di Firenze (di fronte alla tomba di Michelangelo) e fu consentita la pubblicazione a Padova dell’opera galileiana ferme restando le censure del Sant’Uffizio.
Il 31 ottobre 1992, nel rivolgersi ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Giovanni Paolo ii diceva a proposito del processo: “Come la maggior parte dei suoi avversari Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. È per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un’ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore (…) Il problema che si posero dunque i teologi dell’epoca era quello della compatibilità dell’eliocentrismo e della Scrittura.
Così la scienza nuova, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, costringeva i teologi a interrogarsi sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. La maggior parte non seppe farlo. Paradossalmente, Galileo, sincero credente, si mostrò su questo punto più perspicace dei suoi avversari teologi”.
Anche a giudizio di monsignor Pagano l’atteggiamento dei teologi avrebbe potuto essere più comprensivo ed elastico. Fermo restando che i tempi storici non erano maturi per recepire gli studi scientifici del grande studioso pisano è innegabile che in questa vicenda siano stati commessi diversi errori; anche da parte dello stesso Galileo, dice il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano. In una cultura dominata dalla visione tolemaica l’irruzione del sistema copernicano che veniva a contraddire sistematicamente la Scrittura – allora letta senza interpretazioni – richiedeva da parte dello studioso un atteggiamento meno apodittico quale traspariva da il Dialogo sopra i massimi sistemi. Al tempo stesso non si può negare la ferma e risoluta decisione di Urbano viii a volere il processo e la condanna affidando le carte e gli studi di Galileo al vaglio di studiosi prevenuti e non sempre all’altezza. Tra i gesuiti – che rimasero fuori dal procedimento – infatti non sarebbero mancati atteggiamenti disposti a essere più indulgenti con gli studi del pisano che invece, come recitava la sentenza: essendosi egli reso “veementemente sospetto d’eresia” era incorso nelle censure e nelle pene previste. Queste consistettero, com’è noto, nel domicilio coatto e in una vita di preghiere e
penitenze. Prima per pochi giorni a Villa Medici a Roma, poi a Siena e infine ad Arcetri, dove Galileo sarebbe morto nel 1642.