Il famoso episodio storico della “defenestrazione di Praga”, che nel 1618 diede inizio alla Guerra dei Trent’anni, ci è tornato in mente leggendo in questi giorni i resoconti di quanto ha detto a Milano Vaclav Klaus, presidente della Repubblica Ceca.
Questa volta a volare fuori dalla finestra non sono stati degli avversari religiosi o politici, ma la veemenza con la quale Klaus ha “defenestrato” le tesi sostenute della Commissione Europea sui cambiamenti climatici ed il riscaldamento globale, e con cui ha criticato i provvedimenti europei volti alla riduzione delle emissioni di gas serra, non sembra molto inferiori a quella con la quale, mutatis mutandis, i suoi antenati affrontarono quel difficile periodo di lotte politiche e religiose.
Vaclav Klaus, che fu uno degli ispiratori della Primavera di Praga, e poi fondatore del principale partito di centro-destra ceco, è stato l’ospite principale del “Discorso Bruno Leoni” organizzato dall’omonimo Istituto il 16 marzo al Palazzo Clerici di Milano sul significativo tema: “Cosa è in pericolo: il clima o la libertà?”.
Non vogliamo affatto dilungarci, in questa sede, su un resoconto delle posizioni espresse da Klaus, che i lettori potranno leggere direttamente sul sito www.brunoleoni.it o nel suo recentissimo libro “Pianeta blu, non verde” che egli ha presentato in occasione del suddetto incontro, ma prendere solo spunto da questo episodio per un paio di sottolineature, che visto l’argomento in gioco, sono inevitabilmente sia politiche che tecnico scientifiche.
A livello politico, sarà interessante osservare se attorno a un personaggio di un certo rilievo europeo come Klaus, che ha dichiarato di voler fare di Praga il punto di riferimento per tutti coloro che vorranno impegnarsi nell’opposizione alle politiche di Kyoto e nelle critica dei loro presupposti scientifici, saranno in grado di condensarsi una serie di posizioni di malcontento da tempo serpeggianti, ma rimaste finora in sordina nell’ambiente politico nazionale ed internazionale, sul tema delle politiche energetiche e climatiche ispirate dalle posizioni dello IPCC, volte al controllo delle emissioni di anidride carbonica.
In questa direzione ci sembra significativa, per l’Italia, la posizione presa dai senatori del centrodestra, Malan, Possa e Fluttero, che presenteranno nei prossimi giorni al Parlamento una proposta di risoluzione che chiederà al governo di farsi parte attiva a livello europeo, perché si proceda ad una rivisitazione delle basi scientifiche del Protocollo di Kyoto e dei successivi accordi a livello internazionale, prima di procedere con l’assunzione di nuovi impegni.
A livello scientifico è interessante osservare che le posizioni di critica e di opposizione alle posizioni dello IPCC sembra si stiano un po’ alla volta rinforzando ed organizzando. E’ recente per esempio la notizia che negli USA è stata presentata alla Commissione Ambiente del Senato una lista di oltre 600 climatologi che dissentono dalle conclusioni dello IPCC, mentre nei giorni scorsi (8-10 marzo) si è svolta a New York la Second International Conference on Climate Change, che ha visto una più larga partecipazione di scienziati rispetto a quella avutasi alla prima edizione della conferenza, svoltasi un anno fa (fra di loro anche il dott. Roy Spencer, dell’Università dell’Alabama, che, segnaliamo ai lettori più curiosi e interessati agli aspetti tecnici della questione climatica, tiene una interessante rubrica ricca di spunti tecnici sul suo sito www.drroyspencer.com ).
Anche a livello italiano ci sembra significativo che a importanti giornate di studio, come il convegno “A mente fredda nel riscaldamento globale”, organizzata per il giorno 30 marzo 2009, dal Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, vengano invitati personaggi notoriamente molto critici sulle posizioni scientifiche più diffuse, quali il prof. Fred Singer.
In sostanza sul problema dell’energia e del clima è in corso una aspra guerra, che dura ormai da almeno dieci anni, e che è probabile si prolunghi per molto tempo ancora, come la guerra dei trent’anni. Una guerra dagli esiti incerti, nella quale si intrecciano, come allora, motivi ideologici e concreti interessi, e nella quale come in quasi tutti gli eventi bellici si rischia di sprecare molte risorse.