“È una fortuna avere amici così!”

Benedetta CappelliniArticoli

«It has been an apex of my entire life», è stato un culmine di tutta la mia vita, mi disse Peter salutandomi commosso dopo il Meeting di Rimini di due anni fa, l’ultimo a cui aveva partecipato. Fisico nucleare di fama mondiale, professore a Oxford per oltre cinquantacinque anni, Peter Hodgson ha girato mezzo mondo invitato nelle più prestigiose università in Europa e negli Usa e impegnato in collaborazioni scientifiche di punta. È morto l’8 dicembre, mentre era in Sud Africa con la moglie per un periodo di vacanza. L’avevo incontrato la prima volta a Parigi nel 2002, in un meeting scientifico. In poco tempo è diventato un vero amico per me e per molti di noi. È una fortuna, un onore avere amici così. Il peso delle sue parole era pari alla leggerezza del suo sguardo, quello sereno e profondo tipico dei grandi. Prima di conoscerlo mi avevano detto che era un cristiano impegnato, che aveva persino organizzato un’associazione di scienziati cattolici. Poi ho scoperto che era anche un grande uomo.
    Aveva iniziato la sua carriera studiando la disintegrazione nucleare causata dalla radiazione cosmica per poi approfondire varie ricerche sulla struttura del nucleo atomico e sulle reazioni nucleari. Ma oltre che un grande fisico Peter è stato uno studioso di ampio respiro, arrivando a sviscerare in modo acuto e originale la natura e le radici storiche della conoscenza scientifica. Facendo leva sulla sua vasta cultura umanistica, oltre che scientifica, Hodgson ha mostrato come quel modo particolare di concepire e osservare la natura che chiamiamo scienza ebbe i suoi presupposti razionali e antropologici nell’epoca cristiana medievale.

MONDO ORDINATO «La scienza è nata una volta sola nella storia», diceva. Ricordo le appassionate conversazioni preparando insieme la mostra di Euresis “Sulle spalle dei giganti” per il Meeting del 2005. «Le ragioni sono sia di tipo materiale che di tipo culturale», diceva. Quanto alle prime, sottolineava come nel medioevo europeo si era raggiunto un certo sviluppo sociale, strumenti linguistici (scrittura e matematica) adeguati, e le abbazie e le prime università medievali erano luoghi capaci di tramandare e diffondere la conoscenza. Ma non è tutto. Altre civiltà antiche, in Grecia e in Cina ad esempio, avevano raggiunto un livello di sviluppo analogo, eppure qui la scienza conobbe solo qualche meraviglioso sussulto senza mai giungere a maturazione. Occorrevano anche precisi presupposti culturali.
    Infatti, sottolineava Hodgson, non qualunque concezione del mondo, dell’uomo e di Dio permette di prendere sul serio quel tipo di attenzione e di domanda sul reale che apre al metodo sperimentale. Occorre anzitutto la convinzione che la realtà materiale sia degna d’essere conosciuta. Può sembrare scontato, ma non lo è affatto. La visione degli gnostici o degli epicurei ad esempio, che predicavano l’indifferenza al mondo fisico la cui conoscenza era considerata inutile o dannosa, era incompatibile con il sorgere della scienza. Inoltre occorre il presentimento che il mondo sia ordinato, e che quest’ordine sia accessibile alla ragione umana. Misteriosa corrispondenza, quella per cui Einstein osservava: «La cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia comprensibile». Non basta riconoscere la regolarità nei moti degli astri, occorre ammettere la possibilità che quei movimenti siano decifrabili, almeno in parte. Infine, era necessaria la persuasione che la conoscenza dei fenomeni e delle leggi di natura avesse una utilità per il soggetto e per la comunità umana, eventualmente non immediata.
    Hodgson notava che «la concezione giudaico-cristiana nel periodo medioevale incontrava per la prima volta tutti questi requisiti simultaneamente». In essa la realtà è buona e ordinata perché creata da un Dio personale e razionale, che liberamente dà l’essere per realizzare un progetto buono sulla creazione. Il mondo fisico, ogni singola creatura o fenomeno, è significativo in quanto segno del Creatore. Inoltre l’universo è creato da Dio, ma è distinto da Lui: la creazione è libera iniziativa del Mistero. «Il Dio degli ebrei è molto differente dal dio di Platone o dal primo motore di Aristotele… [Egli] creò un mondo completamente distinto da se stesso». Per conoscere l’universo quindi non è sufficiente meditare o dedurre, occorre andare incontro alla realtà, osservare il dato offerto dalla natura. È nella visione giudaico-cristiana che «la conoscenza è sempre un avvenimento», un incontro con il reale.

REALISMO Ma fu proprio l’avvento del cristianesimo che diede la svolta culturale decisiva. «L’incarnazione, l’evento in cui Dio stesso si fa uomo, nobilita la materialità del reale all’inverosimile», diceva Hodgson. «Da allora in avanti la storia non fu più un’infinita serie di cicli, ma una storia lineare con un inizio e una fine. Un insieme di credenze circa il mondo, date dall’insegnamento di Cristo, alla fine portarono alla prima vitale nascita della scienza nell’Alto Medioevo e al suo susseguente fiorire nel Rinascimento».
    Hodgson è stato anche testimone e appassionato sostenitore del realismo come condizione per un uso sano della ragione, e quindi anche della conoscenza scientifica. «Si può ignorare la realtà per un po’- diceva – ma quanto più a lungo la si ignora tanto più tremenda sarà la resa dei conti». In una recente conferenza a Trieste aveva detto: «La verità del cristianesimo, o la verità della teoria atomica o del sistema eliocentrico, non poggia su un singolo o su alcuni argomenti logici; poggia invece, in ciascun caso, su un enorme accumulo di esperienze personali… [sulla] convergenza di un vasto numero di indicazioni separate, di cui nessuna è risolutiva di per sé».
    Peter Hodgson aveva scoperto e fatto sua una concezione ampia di ragione. Così incontrando il carisma di don Giussani si è sentito immediatamente a casa sua. Tanto che lo scorso anno a Londra accettò con entusiasmo di presentare Il rischio educativo con Julián Carrón. In Peter la vastità della conoscenza manteneva tutta la baldanza dello sguardo semplice sul reale, così che ogni suo cenno pareva sottintendere «com’è bello il mondo e com’è grande Dio!».

* docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano

(C) Tracce, Gennaio 2009