Incentivi o tasse per le energie rinnovabili?

Benedetta CappelliniArticoli

Il Governo italiano sta tenendo un atteggiamento un po’ ondivago sul problema del sostegno al mercato delle fonti energetiche rinnovabili e del risparmio energetico.

Potrebbero sembrare dei problemi di secondaria importanza rispetto ai tanti, e molto gravi, che il Paese manifesta, se non fosse che il problema dell’energia ha dimostrato proprio quest’anno tutta la sua rilevanza, prima con le forti spinte inflattive messe in moto dal vertiginoso aumento dei prezzi del petrolio, poi con lo scoppio della crisi finanziaria nella quale il problema dei costi crescenti dell’energia ha avuto, a parere di molti autorevoli commentatori, un peso notevole.

Riassumiamo brevemente alcuni eventi successi negli ultimi tempi che motivano le preoccupazioni nei confronti del governo, espresse da più parti.

In una circolare del 6 novembre l’Agenzia per il Territorio ha ribadito una decisione presa ancora a settembre di quest’anno, secondo la quale tutti gli impianti per la generazione di energia fotovoltaica installati a terra (su terreni agricoli o di altra natura), cioè proprio quelli che per loro natura possono dare contributi più significativi in termini di potenza installata ed energia prodotta, devono essere accatastati come impianti industriali e devono di conseguenza pagare ai Comuni l’ICI dovuta per gli immobili di classe D/1 (opifici). Questa decisione ha suscitato notevole malcontento nel mondo delle rinnovabili in quanto caricherebbe di un costo fisso annuale non preventivamente ipotizzabile, né conteggiato, degli impianti che per altri versi sono fortemente incentivati dallo Stato (il quale sembra voler togliere con una mano quello che concede con l’altra). Si configurerebbe inoltre un diverso trattamento tra chi istalla gli impianti sugli edifici esistenti (che pagano già l’ICI, ma per la loro funzione abitativa o industriale) e chi li impianta a terra, magari utilizzando terreni marginali che non avrebbero altra utile destinazione.

La stessa circolare ribadisce che l’onere non riguarda gli impianti FV di piccola potenza installati sugli edifici abitativi, ma il dubbio che prima o poi si possa rivedere la tassazione anche per quest’ultimi, a motivo delle presenza sulle coperture di impianti FV, oppure che si trovi qualche altro perverso modo di “tassare anche il sole” sembra tutt’altro che remoto.

Alla fine di novembre, all’emissione del cosiddetto decreto anticrisi, l’attuale governo ha introdotto una serie di correttivi alla normativa per gli incentivi fiscali concessi a chi effettua lavori di ristrutturazione per la riduzione del consumo energetico degli edifici, che era stata introdotta dal governo Prodi con le leggi finanziarie del 2007 e 2008. Pur essendo stato riconosciuto da molti che tali incentivi erano forse fin troppo generosi ed i benefici non pienamente verificabili, questa marcia indietro del governo che inizialmente riguardava addirittura i lavori già eseguiti nel corso del 2008 (con un meccanismo retroattivo di dubbia costituzionalità) è caduta come una doccia fredda sul mondo dell’efficienza energetica, ma soprattutto sul un settore edilizio che aveva ricevuto ottimi stimoli dai provvedimenti per le “detrazioni fiscali del 55%” e stava al contrario già cominciato ad avvertire segnali recessivi per via della crisi internazionale.

Infine ricordiamo che negli scorsi anni sono stati messi in moto in Italia dei complessi meccanismi di incentivazione delle energie rinnovabili, come quello dei certificati verdi (si veda per una spiegazione del loro funzionamento il nostro precedente articolo del 27 novembre “Incentivazione delle energie rinnovabili in Italia”), che hanno dimostrato dei notevoli limiti, ma sui quali il governo ha tardato a lungo ad aggiustare il tiro (benché una correzione fosse già prevista nella finanziaria del 2008), favorendo una notevole degenerazione del loro mercato. Il decreto che dovrebbe aiutare a correggere questa situazione è stato firmato il 17 dicembre dopo un lungo tira e molla fra MSE e MINAMBIENTE, vedremo quanto sarà in grado di sanare una situazione che si era un po’ incancrenita.

In sostanza lo Stato ed i suoi apparati sembra facciano molta fatica a rinunciare all’atteggiamento che da sempre caratterizzato tutti i governi della Repubblica, sia di destra che di sinistra, quello cioè di concepire il settore energetico come una delle più cospicue e sicure fonti di gettito fiscale (non dimentichiamo per esempio che sui carburanti pesa una tassazione complessiva di oltre il 60%, assolutamente superiore a quelle che grava su tutti gli altri prodotti, anche quelli “di lusso o di vizio”, come alcolici e tabacchi).

In compenso l’enorme lavoro di semplificazione di leggi e norme che sarebbe necessario per favorire la razionalizzazione e lo sviluppo del settore non va avanti per niente. Ne è testimonianza significativa la recentissima uscita del “Codice delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica 2009”, una pubblicazione curata dalle Edizioni Ambiente, che raccoglie l’impressionante mole delle 84 leggi nazionali e comunitarie, 27 delibere dell’AEGG, 21 sentenze di Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e TAR Regionali, 7 circolari e risoluzioni, 12 leggi regionali, che appesantiscono tutto il settore.

Peraltro, visto che i mercati energetici internazionali sono così turbolenti ci vorrebbe un po’ più di certezza, per lo meno da parte dello Stato italiano, perché chi lavora nel campo delle energie rinnovabili possa prendere delle decisioni a condizioni, almeno quelle “istituzionali”, un po’ più sicure, in modo da favorire gli investimenti in un campo che ha una notevole importanza strategica sia per stimolare lo sviluppo economico, sia per affrontare i problemi ambientali di lungo periodo su cui la stessa Comunità Europea sta molto sollecitando il nostro paese.

Ma qual è al fondo la ragione di questi atteggiamenti altalenanti dei nostri pubblici poteri? La tradizionale e irrisolta inefficienza dei nostri apparati amministrativi e legislativi è purtroppo nota a tutti, ma non spiega che un aspetto del problema.

Non possiamo soprattutto dimenticare che é in atto in Italia (ma anche a livello globale) una titanica lotta fra opposti visioni di quali debba essere il futuro (e a maggior ragione il presente) del nostro sistema energetico, nella quali i tre principali partiti, quello del nucleare, quello delle fonti fossili e quello delle rinnovabili non risparmiano i colpi, ed ognuno cerca di accaparrare il più possibili le ingenti (ma pur sempre scarse) risorse disponibili.

Si riuscirà ad arrivare ad un ragionevole ed onorevole compromesso fra questi potentati, che faccia per lo meno, e finalmente, raggiungere all’Italia una più ampia diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, che ci sembra il primo e più urgente obbiettivo da raggiungere in un paese come il nostro, in ogni caso pesantemente dipendente dall’estero per la sua energia?