Fiorenzo Facchini, Avvenire, 12 ottobre 2008
Nel dialogo tra scienza e fede i concetti di evoluzione e creazione vengono variamente intesi e usati, a volte in modo contrapposto, altre volte indebitamente mescolati, mentre dovrebbero integrarsi in una visione unitaria delle conoscenze. Il 2009, anno delle celebrazioni darwiniane e galileiane, sarà una occasione per riflettere su questi temi che interessano tutti, non solo gli esperti, salvo autolimitarsi nelle domande sulla realtà e su noi stessi, specie quelle di senso. Scienziati e filosofi, credenti e non credenti, e teologi si confronteranno alla luce delle più recenti scoperte nel campo della fisica e della biologia evoluzionistica. Il nodo maggiore resterà quello del rapporto dell’universo e dell’uomo con Dio creatore. Ma prima ancora occorrerebbe intendersi sul termine creazione, usato da vari cosmologi e biologi in senso diverso da quello teologico. Alcuni, assumendo una posizione più filosofica che scientifica, affermano che non c’è bisogno di creazione: l’universo si sarebbe formato da sé a partire da quella esplosione iniziale, nota come Big Bang, dalla quale si sono sprigionate le potenzialità della materia. Altri ritengono il Big Bang come prova della creazione. Molti studiosi (Jaki, Coyne, Tanzella-Nitti, eccetera) osservano però che questo modo di vedere non è corretto. Giovanni Paolo II ha messo in guardia da un uso poco critico della teoria del Big Bang (Lettera al direttore della Specola Vaticana, 1.6.1988). Vi sono cosmologi che suggeriscono un precedente stato di vuoto quantistico o ipotizzano un multiverso. Una fuga nello spazio per non parlare di creazione. In realtà i metodi scientifici non possono né provare e neppure contestare la creazione come radicale dipendenza delle cose da Dio. Come ha notato Jaki, nessun metodo scientifico può osservare il niente che dovrebbe ‘precedere’ il momento della creazione. Giustamente Hawking rimanda al dibattito teologico per la relazione tra leggi scientifiche dell’universo e Dio. L’inizio dell’universo nel tempo è incluso invece nel concetto biblico di creazione dal nulla, che però non va a interferire con le vedute dei cosmologi. Del resto, secondo san Tommaso, sarebbe ammissibile la creazione dell’universo ab aeterno: il concetto metafisico di creazione infatti implica una dipendenza radicale dell’essere dal Creatore, a prescindere da quando è incominciato ad esistere.
La Bibbia insegna la creazione dal nulla, come inizio delle cose e del tempo. In questa prospettiva, che si accorda con il carattere contingente delle cose, non si può negare che la teoria del Big Bang avvicini all’evento della creazione. L’espressione ‘dal nulla’ esclude che prima dell’atto creativo vi sia stato qualcosa. È un concetto che non si ritrova nei filosofi antichi, alcuni dei quali (come Anassagora o Platone) pensavano piuttosto a un ordinatore. Il nulla non significa qualcosa che si possa reificare, non è neppure qualcosa di potenziale rispetto a quello che diverrà (come sostiene Emanuele Severino in un recente intervento), semplicemente perché non esiste. Né avrebbe senso pensare al nulla come origine delle cose. Dal nulla non può emergere nulla. In ogni caso il nulla della metafisica non corrisponde al nulla delle teorie cosmologiche o al vuoto della fisica delle particelle. Nel concetto di creazione c’è una nuova realtà che è fatta esistere da un Essere trascendente il quale non riceve da nessuno la sua esistenza. È una dipendenza che si prolunga nel tempo, pur nell’autonomia delle cause di ordine fisico che possono sviluppare le potenzialità della natura.