E la Luna ci salverà

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

C’è un italiano, il professor Marcello Coradini, al qua le viene riconosciuto il ruolo di ‘padre’ dei programmi di esplorazione spaziale europei degli ultimi quarant’anni, nell’ambito del Sistema solare. Coradini, che domani interverrà a Bergamoscienza (ore 16.30, Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni) coordina questo settore all’interno dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, e ora annuncia il ritorno sulla Luna. Da realizzare entro i prossimi venti anni: «La Luna è il corpo celeste più vicino alla Terra, il più facilmente raggiungibile, già esplorato sia da robot che da esseri umani ed è quindi naturale che venga rilanciata». Sul nostro satellite la gravità è un sesto di quella terrestre, ma si fa sentire e questo semplifica molto le cose. 
Professore, ora che l’economia mondiale è scossa dalla crisi finan­ziaria, ci saranno ancora fondi per le imprese spaziali?
«La ricerca scientifica e tecnologica è il volano che può dare impulso a­gli investimenti industriali. Le imprese spaziali stimolano la ricerca e garantiscono occupazione nell’industria ad alta tecnologia e benefici in campo sociale. Proprio nei momenti di crisi come questo si può ri­lanciare l’economia con intuizioni indovinate. In Europa ormai inve­stiamo pochissimo nella ricerca, sì e no l’uno per cento del prodotto in­terno lordo, una percentuale da Pae si poveri». C’è chi pensa che i corpi celesti vengono dopo i bisogni materiali im­mediati , specie quando l’emergenza economica stringe.
«Rispondo con un esempio. La nostra missione Rosetta va da una co­meta all’altra e intanto, supponiamo, in un angolo impervio del globo si è verificata una catastrofe naturale. Questi due eventi non hanno, apparentemente, alcun rapporto. Ma il lander Phile che si stacca da Rosetta e plana sulla cometa è un la boratorio miniaturizzato di chimica e biochimica estremamente sofisticato, e trasportabile. Messo in una valigia (peso complessivo trenta chili) e portato con un elicottero dove è avvenuta la calamità permetterà di salvare tante vite con analisi in situ. Normalmente un laboratorio come questo occupa intere sale di un ospedale».
Non è probabile che il nuovo governo Usa punterà tutto sulla ricerca di una fonte di energia nuova, fa cilmente fruibile e poco costosa?
«L’energia è proprio uno dei campi in cui la ricaduta tecnologico e so­ciale delle imprese spaziali appare in tutta la sua evidenza. Torniamo all’esempio della missione Rosetta. Questa produce energia solare alla bellezza di settecento milioni di chilometri dal Sole (abbiamo sviluppato un brevetto europeo, con buona partecipazione italiana, per que ste speciali celle solari). Se lei si trovasse su Rosetta e guardasse il Sole, lo vedrebbe poco più grande di una stella del firmamento. Ma prendiamo i pannelli solari di Rosetta e ricopriamoci i tetti di ogni casa che viene costruita: sono così sensibili da poterli definire ‘celle lunari’, perché sarebbero in grado di produrre energia addirittura al chiaro di luna».

A proposito di Luna: sta scavalcando Marte nei programmi spaziali, eppure Marte è un simbolo della con quista dello spazio.
«Per via della fantascienza, fa parte del nostro inconscio collettivo. Ma a mente fredda si deve riconoscere che Marte è per ora un obiettivo difficile da raggiungere. Marte dovrà essere esplorato con tecniche robotiche. Nel frattempo, è molto affascinante ciò che si può realizzare tra Marte e la Terra: se collochiamo sulla superficie marziana telecamere ad alta risoluzione, e abbiamo una potente capacità di tra­smissione, usando dalla Terra tecniche da videogioco si proverebbe la stessa sensazione di stare sul pianeta rosso».

Ma sarebbe un gioco…
«No. Potrei studiare la geologia di Marte, camminare su Marte. Come con la realtà virtuale, salgo su una pedana, indosso un casco, manovro un joystick e cammino. Il mio cammino fa avanzare un robot sulla su­perficie marziana. A quel punto, io geologo o biologo o mineralogista e­sploro la superficie di Marte come se ci fossi davvero. I miei movimenti vengono teletrasmessi, un robot si muove alla mia stessa velocità, e io ho la visione reale dell’ambiente marziano. Ho tutte le condizioni di cui ha bisogno uno scienziato per percepire e comprendere la realtà che lo circonda. Vedo la realtà vera, perché quella non è virtuale. È virtuale la mia presenza, ma è una presenza virtuale in una realtà vera».

E la stazione spaziale internazionale?
«Diversamente dalla stazione spaziale, una base lunare avrà risvolti molto importanti, sarà facile viverci; sulla Luna ci si potrà spostare fa­cilmente, senza i disagi creati dall’assoluta mancanza di gravità. L’or­ganismo umano non è progettato per rimanere in assenza di gravità. Gli astronauti hanno capogiri, vomitano perché non stanno in un luogo con un ‘alto’ e un ‘basso’».

Ma abbiamo ancora la capacità di mandare uomini nello spazio?
«Vedere uomini che salgono e scendono dalla stazione spaziale inter­nazionale per poi essere costretti a esercitarsi con la cyclette non stimo­la più l’immaginazione di nessuno. Vogliamo rilanciare l’esplorazione dello spazio, nei geni dell’umanità c’è la passione dello scoprire».

Russia e Cina vogliono unire gli sforzi e lanciare una grossa missione lunare. Lo spazio riacquista valore strategico?
«Abbiamo aperto interfacce internazionali e abbiamo una collabo­razione già confermata con Cina e Giappone. Ma siamo realisti: per an­dare nello spazio bisogna rimanere con i piedi per terra. Se ci sono vo­luti vent’anni per la stazione spaziale internazionale, altri venti ne baste­ranno per la stazione lunare. Sulla Luna, l’Esa ha sperimentato il motore ionico. Frutto della mia missioncina Smart 1. Nello spazio non c’è attrito, per muoversi bisogna gettare materia da una parte per spostare materia dall’altra. Noi siamo riusciti a ‘sputare’ ioni, cioè una massa praticamente nulla, con una procedura che permette di raggiungere velocità impensabili con un motore tradizionale».