Un’interessante intervista a Gielen comparsa in rete qualche giorno prima, significativamente sul sito web della compagnia di assicurazioni ALLIANZ2, ci è sembrato sintetizzi assai meglio i problemi in gioco e le posizioni della IEA di quanto non sia stato fatto dalla stampa italiana.
Abbiamo quindi ritenuto di far cosa utile nel tradurla e di renderla disponibile ai lettori di Euresis, facendo qua e là qualche breve commento.
Come mai la IEA ha pubblicato questo nuovo rapporto3?
L’attuale prospettiva non è sostenibile, la domanda di combustibili fossili continua a crescere molto rapidamente e le emissioni di CO2 stanno “uscendo dal tetto” [Cina, India ed altri paesi emergenti stanno in sostanza consumando troppe risorse fossili, ndr]. Così abbiamo elaborato degli scenari per valutare se è tecnologicamente fattibile stabilizzare o dimezzare le emissioni, e cosa ciò implicherebbe per le politiche energetiche.
Cosa siete andati a vedere in particolare?
Abbiamo esaminato la domanda e la fornitura di energia. Naturalmente per le emissioni sono molto importanti la generazione di energia elettrica ed i combustibili sintetici, cioè la produzione di combustibili dal carbone, dal gas naturale e dalle biomasse. Nel nostro scenario di base si ipotizza un significativo aumento della produzione di combustibili dal carbone, il che implica una produzione di CO2 per unità di prodotto assai più alta di quella che si ha semplicemente estraendo e raffinando petrolio. Sul lato della domanda abbiamo guardato all’industria, ai trasporti e all’energia utilizzata negli edifici.
Alcuni esperti energetici sostengono che indipendentemente da qualsiasi cosa faremo, non riusciremo a soddisfare la domanda futura di energia. Lei cosa ne pensa?
La domanda deve sempre incontrarsi con l’offerta. Questo è ciò che noi abbiamo inserito nel nostro scenario base, ma poi abbiamo anche guardato a scenari alternativi. Cosa possiamo ottenere col miglioramento dell’efficienza? Noi pensiamo che si possa fare molto per indurre una transizione ad un sistema energetico più sostenibile. Per esempio per i combustibili da usare nel settore dei trasporti abbiamo esaminato tre fondamentali opzioni alternative: i biocombistibili, specialmente quelli di seconda generazione; l’idrogeno ed i veicoli a celle a combustibile; i veicoli ibridi e quelli a batteria.
Il potenziale di queste opzioni è assai significativo, e se si potrà realizzare una combinazione di aumento delle efficienze e di questi combustibili alternativi, si potrà ridurre il fabbisogno di petrolio al 2050 del 27% a confronto con i livelli del 2005, pur ancora godendo di una significativa crescita economica.
Che potenziale esiste per una maggiore efficienza energetica?
Grosso modo circa il 36% della riduzione totale di CO2 potrebbe venire dal miglioramento dell’efficienza energetica. Le automobili efficienti sono una opzione importante, così come lo sono tutte le altre apparecchiature efficienti. C’è molto da fare con l’involucro degli edifici [case termicamente più isolate, ndr] e con i motori industriali. C’è un significativo potenziale di miglioramento dell’efficienza in tutti i settori, probabilmente più negli edifici che nei trasporti e nell’industria [il problema sarà convincere-incentivare i proprietari delle case esistenti a ricostruirle o ristrutturarle in modo che consumino molto meno energia, ndr]
I biocombustibili, una delle alternative da lei suggerite, sono stati accusati di far salire i prezzi delle derrate alimentari. Come evitare questi effetti collaterali?
La discussione verte soprattutto sui biocombustibili della prima generazione (derivati da coltivazioni alimentari). I biocombustibili della seconda generazione sono prodotti o da residui alimentari o da legno e coltivazioni che producono paglie. Il solo potenziale dei residui é già significativo. E dal momento che si possono usare terreni di bassa qualità per culture pagliose, il potenziale dei biofuels di seconda generazione é molto buono senza competere con le produzioni alimentari.
Nei nostri scenari più estremi, quelli in cui ipotizziamo un dimezzamento delle emissioni di CO2, l’utilizzo di biomasse nel 2050 raggiungerebbe gli stessi livelli attuali del petrolio. Metà di queste biomasse sarebbero scarti o residui, e l’altra metà verrebbe da terreni di bassa qualità. Ci vorrebbero 150 milioni di ettari, che é circa un quarto delle terre coltivate negli Stati Uniti. [In questa direzione il riscaldamento globale e l’aumento di CO2 potrebbero essere vantaggiosi per mettere a coltura terre marginali come quelle siberiane, ndr]
Lei ha anche menzionato l’idrogeno che é stato esaltato come una tecnologia per il futuro, ma non ha per ora mantenuto le aspettative iniziali. Pensa che questa tendenza cambierà?
Bene, la HONDA ha iniziato da poco a noleggiare le sue auto a idrogeno e celle a combustibile. Dal punto di vista tecnologico ci siamo quasi, ma c’é ancora un problema di economia e infrastrutture. Per usare le auto a idrogeno ci vorranno le relative stazioni di rifornimento. Quindi le prime applicazioni di massa si potranno avere verso il 2020-2030.
Ma in anni recenti ci sono stati anche significativi progressi nella tecnologia degli accumulatori. Così le auto ibride e i veicoli elettrici a batteria cominciano ad apparire come delle interessanti alternative ai veicoli ad idrogeno. Al momento attuale non siamo per niente sicuri di quale tecnologia prenderà il sopravvento [la risposta sembra configurare un sostanziale ridimensionamento di quanto si udiva anni fa sulle prospettive dell’idrogeno, relegandolo all’uso nel campo dei trasporti, e con qualche dubbio di cosa potrà veramente accadere in questo stesso settore, ndr].
Comunque in uno scenario in cui entrambe le opzioni non fossero disponibili e si dovesse contare solo sulla maggiore efficienza, le emissioni di CO2 nel 2050 sarebbero del 20-25% maggiori che nel 2005.
Anche se le auto a idrogeno divenissero economicamente convenienti, ci vorrebbe sempre l’elettricità per produrlo. Da dove verrebbe questa elettricità?
L’idrogeno può essere prodotto con l’elettricità, con i combustibili fossili, ed in futuro probabilmente anche con i reattori nucleari. Il mix elettrico del nostro scenario ad idrogeno é virtualmente libero da CO2. Circa un quarto delle forniture elettriche verrebbero da una combinazione di combustibili fossili con cattura e sequestro della CO2. Un altro quarto verrebbe da energia nucleare, e circa la metà delle forniture verrebbe da energie rinnovabili [rifacendosi alla domanda precedente la convenienza di utilizzare direttamente l’elettricità rinnovabile in auto elettriche o di passare attraverso la conversioni di energia rinnovabile in idrogeno sarà tutta da dimostrare, sia in termini tecnici che economici, ndr]
Che tipo di rinnovabili?
Saranno vento, acqua e solare; ognuna di esse nel 2050 produrrà circa 5.000 TWh all’anno. Altri 4.000 TWh circa verranno dalle biomasse e dalla geotermia.
La cattura e sequestro della CO2 sono ancora molto costosi e sperimentali. Funzioneranno veramente?Noi pensiamo che sarà possibile fare la cattura e il sequestro della CO2 (CCS) per gli impianti a carbone ad un costo di 50 $ per tonnellata di CO2, che non é poco, ma che se facciamo un paragone col costo di abbattimento delle emissioni nel settore dei trasporti, é ancora un costo interessante.
La vera sfida per gli impianti CCS é che nel prossimo futuro ci vorrebbero 20-30 impianti dimostrativi, e che ognuno di essi costa da uno a due miliardi di dollari. Gli investitori si tirano indietro di fronte a tali cifre, e questo al momento é il problema principale. Gli impianti di processamento del gas naturale in Norvegia e in Algeria stanno gia usando le tecnologie CCS. In California è in costruzione una unità di cattura della CO2 in una raffineria. E la SHELL sta facendo qualcosa di simile nella sua raffineria di Rotterdam. Ma finora mancano impianti dimostrativi per le centrali elettriche a carbone, e questa sarebbe proprio l’opzione chiave, che invece é ancora lì in sospeso da qualche parte, fra le buone intenzioni e la realtà.
Se funziona, cosa ne faremo della CO2 catturata?
Si accumula sottoterra in serbatoi esauriti di petrolio o di gas, o negli acquiferi. In molti strati sotterranei si trovano serbatoi di acqua salata nei quali si può dissolvere la CO2.
In passato si é anche discusso di accumulo negli oceani, ma a mia conoscenza non c’é nessuna significativa ricerca in corso in questo campo. Ci sono molte opposizione e preoccupazioni per l’impatto che ciò potrebbe avere sull’ambiente. C’é un grande potenziale per il sequestro sotterraneo, e meno controversie su questa soluzione.
Quanto costerebbe il sequestro sotterraneo della CO2?
Dipende da cosa si mette in conto, se solo il pozzo di iniezione, o se ci vuole anche un gasdotto per trasportare la CO2. Ma un costo tipo dovrebbe essere dell’ordine di 10 $ per tonnellata di CO2. L’opzione CCS costerà sempre un bel po’, e ciò fa la differenza con le energie rinnovabili ed il nucleare, che un giorno potranno essere meno costosi degli impianti alimentati a carbone.
Nei vostri scenari alternativi, il nucleare gioca un ruolo importante. C’é veramente abbastanza combustibile nucleare o dovremo affrontare una nuova crisi energetica fra poco più di cinquant’anni se imbocchiamo questa strada?
Bene, se si pensa di usare dei reattori nucleari a ciclo semplice, nei quali si prende l’uranio naturale, lo si arricchisce ed usa, e si immagazzinano i residui da qualche parte, allora si avrebbe uranio forse per un centinaio di anni. Ma se si recuperano i residui del reattore li si separano e processano, allora avremmo uranio a disposizione per centinaia di anni. E se veramente si vuole procedere ad uno sviluppo deciso dell’energia nucleare, ci vuole davvero questo tipo di riprocessamento.
Che cosa ne dice degli scenari che prevedono che l’energia non ci basterà?Non vedo questa minaccia. Se si calcola la superficie che sarebbe necessaria a produrre abbastanza energia solare da fornire tutta l’energia che usiamo oggi, si vede che questa superficie é relativamente piccola. Ma potrebbe esserci una scelta fra petrolio e gas. Forse non tanto sul versante delle risorse, quanto sulla possibilità di avere accesso alle risorse ed ai necessari investimenti.
Questo è uno dei vantaggi di questi scenari alternativi, perché essi non solo riducono le emissioni di CO2, ma risultano anche in una riduzione molto significativa del fabbisogno di combustibili fossili, per lo meno a confronto col caso base.
E cosa bisognerebbe fare per trasformare in realtà gli scenari a basso carbonio?Ci vorrà un prezzo a lungo termine credibile per la CO2, o per lo meno una prospettiva di tale prezzo. Inoltre bisogna che i paesi in via di sviluppo salgano a bordo; non si può fare solo con i paesi dell’OECD. E ci vuole anche il cambiamento tecnologico, sufficienti investimenti in ricerca e sviluppo e in tecnologia dimostrativa per abbattere i costi.
I costi di investimento totali addizionali saranno dell’ordine dei 45.000 miliardi di $, che è pari a circa l’1% del GPD globale. Questo dimezzerebbe le emissioni di CO2 al 2050 e ridurrebbe significativamente la dipendenza dal petrolio.
(Traduzione a cura di Gianluca Lapini)
1 La IEA è stata fondata nel 1974 (dopo la prima crisi energetica) dai paesi industrializzati aderenti alla OECD (Organization for Economic Co-operation and Development), della quale per inciso non fanno parte Russia, India e Cina. Inizialmente si occupava dei problemi e delle statistiche relative al mercato petrolifero, ma con l’andare del tempo si è sempre più occupata dei problemi energetici globali e di quelli ambientali legati al consumo di energia. Ha sede a Parigi. Il suo attuale direttore è il giapponese Nobuo Tanaka.
2 Si veda il sito http://knowledge.allianz.com
3 Il precedente rapporto fu pubblicato nel 2006.