Ridisegnare l’evoluzione

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Potrà apparire politicamente non corretto pensare che si debba andare oltre Darwin, ma se si guarda il panorama che si apre nel campo della biologia evolu­tiva si ha la sensazione che il model­lo suggerito da Darwin, anche nella formulazione della sintesi moderna e rimanendo sul piano strettamente scientifico, richieda integrazioni e ampliamenti, come viene ricono­sciuto onestamente da molti scien­ziati della stessa matrice.La spiegazione darwiniana non è smentita, ma occorre integrarla sul­la natura delle variazioni o mutazio­ni (che non sono sempre di piccola portata), sui tempi (che non sono segnati sempre da gradualità), sulle cause delle mutazioni (che possono dipendere anche da fattori ambien­­tali), sulle modalità con cui si producono (vi sono vincoli per il loro suc­cesso e possono ripetersi anche a distanza di luogo e di tempo), sulle conseguenze delle mutazioni (che possono trascinare diversi cambia­menti), sulla traduzione del genoti­po nel fenotipo (in cui può rivelarsi una diversa espressività dei geni in relazione al contesto di sviluppo), sulla trasmissione di informazioni senza cambiamenti nelle sequenze del Dna (eredità epigenetica). Del resto il pensiero di Darwin non era affatto ispirato a schemi troppo semplificati. Egli ammetteva che le selezione naturale non è l’unico processo di modificazione, ammet­teva l’effetto delle condizioni ester­ne, tra cui l’uso e non uso degli orga­ni sulle variazioni delle specie, come pure aveva ben presenti le correla­zioni tra le diverse parti dell’organi­smo, per cui le modificazioni di una parte portano con sé anche altre modificazioni (legge dello sviluppo correlato). Una certa enfatizzazione del pensiero di Darwin (che si accre­scerà nel 2009 in coincidenza con le celebrazioni del bicentenario della nascita e dei 150 anni della pubblicazione de L’origine della specie) non deve indurre a ritenere che sia­no definite tutte le risposte alle nu­merose domande che si pongono sulla evoluzione della vita. Del resto Darwin stesso si è espresso sulla «necessità di mantenere la mente libera in modo da poter abbandonare qualsiasi ipotesi a prescindere da quanto amata…» (Autobiografia).Ciò senza nulla togliere alla genialità del grande scienziato e alla validità del modello, almeno a livello mi­croevolutivo. Forse però al successo delle idee di Charles Darwin, 150 anni fa come oggi, contribuisce an­che la concezione di una natura che si autoforma e che sembrerebbe a­vere meno bisogno di un riferimento trascendente, per cui il darwini­smo è stato e viene utilizzato in funzione ideologica, quasi a rendere su­perflua la creazione, anche se su questo punto, come già rilevato, Darwin è stato più cauto dei suoi se­guaci e non tutti i suoi sostenitori sono d’accordo su questa estensio­ne.
 
A nostro modo di vedere questa e­stensione non è richiesta né dalla teoria evolutiva né dalla teoria darwiniana. È l’estrapolazione di un modello empirico di lettura della storia della vita sulla terra a una vi­sione filosofica della realtà, in cui si va oltre gli aspetti scientifici. (…) In ogni caso, è proprio vero che l’e­voluzione rende superflua la crea­zione? L’idea fu avanzata da alcuni contemporanei di Darwin e tuttora viene sostenuta da vari studiosi, ma Darwin non l’ha mai esclusa, anzi ne parla. Creazione senza Dio, è stato affermato paradossalmente (Tel­mo Pievani, 2006). Si portano avanti le ragioni per non credere (Dawkins, 2006). Non c’è alcun bisogno di un Creatore. La natura viene vista come sufficiente protagonista dell’avven­tura della vita, senza dover ricorrere a cause superiori. Non è un’idea nuova. La concezione di una natura autosufficiente e creativa la si ritrova in forme diverse in epoca antica, presso alcuni filosofi naturalisti pre­socratici, e nell’età moderna. Nella formula di Spinoza «Deus sive natu­ra» Dio viene identificato nella natura stessa. Di qui la grande sfida del pensiero moderno alla creazione, intesa come origine della natura e dell’uomo. La esclusione di una causa superiore e che forma di ma­teria o realtà fisica sia esistita da sempre e che a un certo momento abbia sprigionato un’energia che poi si è trasformata nella realtà che ci circonda. La
formazione della vita sulla Terra sarebbe dovuta ad autori­produzione, all’aggregazione di ato­mi e molecole favorite da circostan­ze ambientali. La selezione operata dall’ambiente e il tempo spieghe­rebbero ogni trasformazione futura.

In questo modo di vedere non ci sa­rebbe bisogno di creazione. A parte la formazione di elementi vitali sulla Terra, che di per sé potrebbe non ri­chiedere interventi diretti di una causa superiore, la esclusione di qualunque riferimento al trascen­dente non è certamente richiesta dalla scienza.
Vi sono scienziati che sostengono l’armonizzazione dell’e­voluzione secondo la versione darwinista con la fede cristiana. Al­tri, pur accettando il darwinismo, non lo ritengono sufficiente a spie­gare il processo evolutivo nelle sue preparazioni remote (le condizioni del pianeta Terra) e nel suo svolgimento e invocano altri meccanismi sempre nell’ordine naturale. Inter­pretare in termini di pura casualità la formazione delle condizioni fisi­che, chimiche, astronomiche, geolo­giche che rendono possibile la vita sulla terra, o riferire alla pura casua­lità le proprietà della materia e dei corpi a livello infra-atomico, mole­colare e di corpi celesti, appare del tutto incongruente e arbitrario.

La grande risalita alle origini dell’uomo
A 150 anni dalla pubblicazione de «L’origine della specie» di Darwin la sua teoria, sebbene controversa, tiene il campo, pur se, alla luce delle nuove scoperte, si riconosce la necessità che
sia integrata e ampliata nei meccanismi dei processi evolutivi. L’evento “uomo” è da considerarsi un caso fortuito?
E la peculiarità della cultura? È da ammettersi un progetto superiore? Che cosa pensare della teoria  dell’Intelligent Design?
L’antropologo Fiorenzo Facchini tenta la risposta a questi quesiti nel volume «Le sfide dell’evoluzione» (Jaca Book, pagine 176, euro 16) da oggi in libreria. Dal volume anticipiamo alcuni brani dell’introduzione.