Come se non bastasse, Lisa Randall, newyorkese di Queens, 44 anni, è molto attraente, ha un provvidenziale senso dell’umorismo e con una disinvoltura che susciterebbe l’invidia di una windsurfer può affrontare i temi più ardui ispirandosi ad Alice nel paese delle meraviglie (già, quel genio di Lewis Carroll non aveva anticipato anche le dimensioni extra? nella tana del coniglio, in un mondo “altro”, quelle di Alice non erano radicalmente cambiate come tutto ciò che la circondava?) oppure citando Humphrey Bogart e scene di Casablanca, la musica pop da Elvis a Sinatra (I’ve got the world on a string può servirle a introdurre la teoria delle stringhe, che cerca di far coesistere la meccanica quantistica e la relatività einsteiniana), senza nascondere una passione per il baseball (e naturalmente è tifosa degli Yankee)…
A conferma di una vocazione antiaccademica, non ha fissato il nostro appuntamento nella sala di un istituto di ricerca ma allo Starbucks Coffee di Astor Place (però ci spostiamo nel più quieto bar dello Shakespeare Theatre di Lafayette Street, a pochi passi di distanza) e arriva puntualissima, bionda, il corpo agile di chi non disdegna di fare sport (il suo preferito? non a caso, l’alpinismo), un’eleganza causal che non cede alla frivolezza e, impossibile non restarne colpiti, uno sguardo che trasmette un’overdose d’ingegno. A beautiful mind, certo. Affascinante in tutti i sensi. Ma, attenzione, sarebbe imperdonabile farne un fenomeno mediatico. Perché l’autrice di Passaggi curvi è soprattutto uno scienziato audacee rivoluzionario, capace di immaginare con appassionato rigore universi paralleli, geometria curva e dimensioni extra, che lei ha ridefinito passaggi.Perché le sue teorie hanno suscitato tanto interesse e addirittura scalpore?
«Perché lo spaziotempo potrebbe essere completamente diverso da quello finora considerato, con le tre dimensioni spaziali più la quarta costituita dal tempo. Le nostre conoscenze, riassunte nel Modello standard che descrive la struttura della materia e le interazioni delle particelle, sono inadeguate rispetto alla complessità dell’universo. Per questo, da anni la ricerca si è orientata sull’esistenza di nuove dimensioni spaziali (la teoria delle stringhe ne prevede anche undici), un’idea perfettamente compatibile con la relatività generale di Einstein che dimostra come lo spaziotempo possa essere curvato dalla materia o dall’energia».
E Lisa Randall spiega meglio la novità dei suoi contributi: «Lo spazio avrebbe cinque dimensioni, una geometria curva e una specie molto più forte di gravità. La quinta dimensione presenterebbe uno sviluppo infinito e data la sua curvatura sarebbe come “arrotolata”, cosa che la renderebbe invisibile. Questo spiegherebbe perché sotto la sua influenza la gravità è forte mentre da noi è debole, un problema che tormenta i fisici da oltre 30 anni. Ma c’è di più. Quest’universo a cinque dimensioni sarebbe invisibile per le nostre capacità percettive perché il nostro tridimensionale, con le leggi che finora conosciamo, sarebbe soltanto una “brana”, una sottile membrana, contenuta in un altro universo immensamente più grande: come un “quartiere” del tutto…».
Non c’è il rischio che l’interesse suscitato da questa ipotesi dipenda dal fatto che evoca scenari da fantascienza?
«Non è mia intenzione occuparmi di fantascienza. Capisco che questo confronto di universi paralleli sfidi la nostra immaginazione, ma è scientificamente plausibile: d’altronde, nessuno aveva mai pensato che la meccanica quantistica fosse una realtà o che lo fossero i quark, invece… Tutta la fisica delle particelle si occupa di realtà invisibili. Eppure esistono, eccome, e hanno cambiato le nostre vite».
Quali sarebbero gli effetti più importanti delle sue teorie se dovessero avere una prova sperimentale?
«Credo che riguarderebbero inizialmente la fisica delle particelle e la comprensione della natura della materia. La prova dell’esistenza di un’altra dimensione spiegherebbe perché le interazioni avvengono in un certo modo. Dovrebbe darci informazioni fondamentali sulla conoscenza che abbiamo della materia e sulle sue proprietà. Ma potrebbe anche farci capire meglio i problemi della cosmologia, soprattutto quelli della nascita dell’universo, miliardi di anni fa. Insomma, potrebbe portarci a considerare in modo diverso tutti i problemi che conosciamo e a porcene altri che non conosciamo».
Lei è diventata un “caso” non solo perché una donna a Harvard, al Mite a Princeton non s’era mai vista ma per la carica innovativa delle sue ricerche…
«Quando mi occupo di un problema, cerco sempre di introdurre qualche idea nuova. Ma l’innovazione non giunge in modo accidentale. Uno scienziato non si sveglia e si interessa a una ricerca senza una ragione. Se fosse stato facile risolvere i problemi del nostro mondo fisico, non ci sarebbe stato alcun motivo di pensare a un universo a più dimensioni».
Come ha reagito l’ambiente scientifico alle sue teorie?
«Nessuno scienziato ha una conoscenza completa dell’universo e delle sue leggi. Le teorie oggi sono tante. Le mie sono state considerate con interesse anche da Stephen Hawking. A questo punto, servono prove sperimentali».
E come potrebbero arrivare?
«Il Large Hadron Collider, questo potentissimo collisore di particelle che dovrebbe entrare in funzione a Ginevra alla fine dell’anno o all’inizio del prossimo, dovrebbe finalmente darcele. Il problema è: quando cominceranno a verificare queste idee? Al Cern, ci sono vari test in programma nei prossimi due anni. Questi, più complessi, potrebbero essere fatti più avanti. E poi, completati gli esperimenti, bisogneràcapire, studiarli:..».
Gaudì sosteneva che la linea retta appartenesse agli uomini mentre la curva fosse opera di Dio: dobbiamo considerarla un’anticipazione dei suoi “passaggi curvi”?…
«Perché no? Sappiamo che lo, spazio non è piatto, che è circondato da energia e che in architettura – con le eccezioni di un Gehry e di un Gaudì – è stato più facile usare la linea retta. Ma adesso sono disponibili materiali nuovi e così è possibile fare edifici curvi, alcuni belli altri meno. Non è sorprendente, però, che scienza e arte a volte procedano insieme, in sintonia con la bellezza e l’eleganza della natura».
Il suo saggio è diventato un bestseller mondiale: si aspettava un tale successo?
«Fa piacere. Molte persone che hanno comprato il libro di Hawking Dal big bang ai buchi neri e ne erano affascinate non l’hanno neppure letto, perché era troppo complesso… Nel mio caso, ho ricevuto centinaia di lettere, blog, spesso nelle conferenze sono rimasta sorpresa dalle buone domande che mi venivano fatte. L’universo è ancora un grande mistero. Ma la voglia di conoscerne la soluzione è tanta».