Una scoperta importante, anche se «sulla riprogrammazione cellulare e le sue prospettive – ben più efficaci rispetto alla ricerca sulle cellule embrionali – stanno lavorando da molti anni diversi ricercatori in tutto il mondo, Europa compresa. Peccato che fino a ora non se ne sia parlato molto». Il primo commento di Augusto Pessina, microbiologo dell’Università degli Studi di Milano, sui risultati ottenuti da Yamanaka e Thomson suona così. A riprova di una sensazione condivisa da molti scienziati, non solo italiani, in queste ore: che la notizia annunciata ieri su Cell e Science abbia gettato luce su una certezza troppo a lungo taciuta, e certo non per interessi scientifici. «D’altra parte – continua Pessina – perché mai un ‘furbacchione’ come Ian Wilmut avrebbe dovuto improvvisamente fare marcia indietro sulla clonazione e l’impiego di embrioni nella ricerca? La verità è che queste tecniche non danno i successi sperati. E questo ha chiaramente influito sulla possibilità di ottenere finanziamenti. Chissà in quanti, dopo l’annuncio di ieri, dirotteranno i loro fondi dalla ricerca sulle staminali embrionali a quella sulle adulte…».
Leggi del mercato a parte, Pessina spiega i vantaggi che i risultati della scoperta sulla riprogrammazione cellulare potrebbero avere in tempi brevi: «Per ora metterei da parte la possibilità di successi sui pazienti: siamo ancora troppo lontani dalla capacità di gestire queste cellule ringiovanite, che proprio perché così simili alle embrionali presentano gli stessi problemi nell’essere gestite. Quello che invece potrebbe cambiare in breve – aggiunge il microbiologo – è la nostra conoscenza su determinate malattie e la capacità di sintetizzare farmaci capaci di curarle».
Già, perché se fino a ora scienziati e ricercatori avevano insistito sulla necessità di impiegare in laboratorio linee di cellule embrionali (comprate a caro prezzo sul mercato internazionale) per osservare lo sviluppo di malattie come il Parkinson o la Sla, e sperimentare eventuali farmaci, d’ora in poi sarà possibile ottenere gli stessi obiettivi senza distruggere embrioni, ma usando le cellule adulte riprogrammate.