Amore per la verità: la chiesa e gli uomini di scienza

Benedetta CappelliniArticoli

Riproponiamo di seguito il testo dell’incontro tenutosi il 27 agosto 2003 al Meeting di Rimini sul tema ‘Amore per la verità: la chiesa e gli uomini di scienza’.

 

Mercoledì 27 agosto 2003, ore 11.00, Sala Neri

Relatori: S.E.Mons. Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere Pontificia Accademia delle Scienze;
William Shea, Docente alla Cattedra Galileiana di Storia della Scienza presso l’Università degli Studi di Padova.
Moderatore: Mario Gargantini, direttore della Rivista Emmeciquadro.

Mario Gargantini: Buongiorno. Benvenuti a tutti. Saluto e ringrazio particolarmente i nostri due ospiti di oggi, S.E. Monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, vescovo, filosofo, Ordinario di Storia della Filosofia presso la Libera Università Maria Assunta e Docente presso altre Università Pontificie e Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. Ha recentemente curato e pubblicato un volume con tutti i discorsi dei Papi degli ultimi cento anni, rivolti al mondo della scienza. Il Professor William Shea, storico della Scienza, Docente di Storia della Scienza all’Università di Ottawa e alla University di Montreal, Direttore della Scuola di Alti Studi di Parigi, è stato fino a poco tempo fa Direttore dell’Istituto di Storia delle Scienze all’Università Louis Pasteur di Strasburgo ed è stato chiamato a tenere la Cattedra Galileiana di Storia della Scienza all’Università di Padova nel prossimo anno accademico.
Prima di dare loro la parola, volevo fare due considerazioni derivanti dal lavoro di preparazione della mostra “Cercatori della verità”, che è sullo stesso tema dell’incontro di oggi: la prospettiva che ci è sembrata interessante per impostare quel lavoro è stata quella non di uno sforzo di riconciliare due realtà lontane, di trovare tutti i possibili agganci e collegamenti tra due realtà viste come indipendenti e separate da avvicinare a tutti i costi, ma lo sforzo di andare alla radice dell’esperienza scientifica. In un brano, per esempio, del beato Nicolò Stenone, uno dei personaggi presentati nella mostra, lui dice addirittura: “Peccano contro la maestà di Dio coloro che non vogliono indagare per conto proprio le opere della natura e si accontentano di leggere le opere degli altri. In questo modo si formano nozioni fantasiose così si privano della gioia di esaminare a fondo le meraviglie di Dio. D’ora in poi io spenderò il mio tempo non in fantasticherie, ma solo in ricerche ed esperimenti”. Ecco, ci interessa e ci ha interessato andare alla ricerca di ciò che motiva questa decisione, di ciò che muove gli scienziati nel loro lavoro, di ciò che mette in moto tutta la dinamica della ricerca scientifica, e che eventualmente anche la mette in discussione, se è necessario; o ancora ci interessava sorprendere la apertura al mistero dall’interno della ricerca scientifica, dal vivo della ricerca.
Dall’altra parte sul versante, diciamo, della Chiesa, ci interessava proporre una visione di Chiesa non tanto come insieme di contenuti dottrinali da concordare a tutti i costi con i contenuti delle scienze, quindi non una concordanza di contenuti – come a volte si è fatto -, ma come un’esperienza di unità della persona, che aiuta a vivere tutto, tutte le dimensioni del reale, quindi spalanca all’avventura della ricerca scientifica; anche storicamente – come tentiamo di dimostrare nella mostra – questo è avvenuto: storicamente l’esperienza religiosa ha contribuito a spalancare, ad avviare, a lanciare l’avventura della ricerca scientifica. Quindi un’unica prospettiva: la passione per la realtà, la passione, il desiderio di cogliere, di sorprendere la verità del reale. Quella che è emersa non è una prospettiva per i cattolici, per scienziati cattolici, ma – ci è sembrato – una prospettiva, un’ipotesi di lavoro interessante per chiunque.
Da ultimo, un’ultima osservazione: “Per ogni impresa conoscitiva – come ha scritto uno dei grandi personaggi che abbiamo richiamato nella mostra, Pavel Provenskij – , occorre un amico”. Insomma, la passione per la verità richiede e genera una compagnia, una compagnia umana, una solidarietà di ricerca, di cammino, di esperienza. È questa compagnia che permette di continuare a cercare, permette il proseguire della ricerca. Nell’appello finale del Concilio si diceva: “Continuate a cercare senza mai disperare della verità”; ecco, soprattutto in questo, nell’attuale clima scettico e rinunciatario, la Chiesa apre questa grande prospettiva. Ci vogliono dei luoghi che alimentino questa ipotesi positiva sulla realtà che sostiene e consente il cammino della scienza. La Pontificia Accademia delle Scienze è uno di questi luoghi. Ecco è su questo che lascio subito la parola a Sua Eccellenza Monsignor Sorondo che ci parla dell’esperienza della Pontificia Accademia delle Scienze.

Marcelo Sandez Sorondo: Voglio innanzitutto ringraziare il Meeting di Comunione e Liberazione, e particolarmente gli organizzatori: Emilia Guarnieri in modo particolare, e molto particolarmente Gargantini, perché con la sua sensibilità per la scienza, per la verità, e per la verità della scienza, ha avuto l’intuizione di organizzare il nostro incontro di oggi; ma anche la mostra, bellissima, che invito tutti a vedere, sulla scienza e il cristianesimo, e in fondo su quanto il cristianesimo ha influito nel riconoscimento del cammino della scienza, sulla base di questa idea fondamentale: che la scienza è una forma della conoscenza della verità. Anche per questo voglio ammirare e ringraziare Gargantini di aver avuto questa bella intuizione di mettere questo titolo, e cioè la ricerca della verità, perché è su questa idea che i Papi hanno sempre appoggiato, sostenuto e continuano a reggere un’Accademia che ormai ha quattrocento anni, naturalmente con poche interruzioni, della quale parlerà il mio collega e amico Shea (e io dirò qualcosa).
Quindi, come dice San Tommaso: “La verità – comincia così la Summa contra Gentiles, che è il suo capolavoro insieme alla Summa theologica, ma è il suo capolavoro cosiddetto filosofico – : “La verità è il fine dell’universo”; se l’universo è stato fatto da una intelligenza, il suo fine è proprio essere conosciuto da una intelligenza, e questa è la verità. E quindi la verità è il fine dell’universo, e perciò ogni scienza prende la sua densità e la sua importanza da questa ricerca della verità che è il suo oggetto. Ed è questa idea che mostra questo desiderio di conoscere la verità come, diciamo, l’intuizione fondamentale anche di questa nuova forma di conoscenza della verità, che è quella, appunto, che viene dal campo della scienza; ed è questa ricerca della verità che alimenta non solo la scienza in generale, non solo la religione, naturale e  anche rivelata, non solo, naturalmente, la filosofia – è stata questa che ha avuto un inizio in Atene con la ricerca filosofica (Aristotele stesso dice che la ricerca della verità è una metafisica, è il fine di tutta la filosofia) -, ma alimenta anche questa nuova forma di conoscenza della verità, che è quella scienza che nasce – è una scienza nuova – nel Rinascimento, e che ha un suo momento forte nel Principe Cesi, che fonda l’Accademia e convoca gli scienziati di quel momento, fra i quali il leader è Galileo Galilei, a questo nuovo impegno di ricerca della verità, con un nuovo metodo, ed è quel metodo della sperimentazione del quale già parla Cessi nel suo Proponimento, nel suo Commento al desiderio di conoscere la verità, – due opere fondamentali che adesso devono essere pubblicate – e del quale parla Galileo in modo più esteso e ancora più proprio, cioè un metodo che cerca di trovare una formula matematica e una sperimentazione di questa formula nel campo dello sperimentabile. Questa forma di ricerca della verità fa sì che perfino un filosofo come Nietzsche, nel suo libro La gaia scienza, dica che i papi del Rinascimento, indirettamente hanno appoggiato naturalmente lo sviluppo dell’Accademia anche con le sue dialettiche, dialettiche che possiamo vedere che arrivano fino a Papi dei nostri tempi. E io ho qui nella mostra una lettera straordinaria di Max Peruz, che consiglio di leggere bene, perché Max Peruz era – è morto recentemente – un accademico dell’Accademia del Pontificio della Scienza Papale e diceva in questa lettera che la cosa più bella che lui ha avuto è essere membro dell’Accademia; e mi scrive questa lettera 15 giorni prima di morire, quasi come suo testamento spirituale, perché dicessi il contenuto di questa lettera al Santo Padre, perché nell’Accademia (non sappiamo quale fosse la sua religione, perché nell’Accademia non c’è discriminazione religiosa né razziale, e quindi entrano tutti gli scienziati solo per il fatto di essere ricercatori della verità, che è l’unico criterio che i Papi hanno stabilito per entrare a membri dell’Accademia Pontificia della Scienza), lui ha fatto la sua prima discussione su quell’argomento che era la struttura dell’emoglobina, per la quale gli hanno dato il Premio Nobel, e ha conosciuto gente che in altro modo non avrebbe mai conosciuto, perché le Accademie nazionali hanno solo, principalmente membri nazionali, e non sono internazionali, perché gli altri membri non hanno lo stesso statuto dei membri nazionali, e perché tutti hanno discusso sul mio punto di vista, e non solo i fisici, non solo i biologi, ma tutti gli scienziati, cosa che non fanno le altre accademie perché si mettono insieme a discutere forse i filosofi, poi i biologi, poi i fisici, ma mai insieme tutti, e quindi chiedeva al papa – e questa era la cosa che voleva che io dicessi al Santo Padre Giovanni Paolo II – di continuare a sostenere l’Accademia, lui e tutti i suoi successori. Lo potete vedere nella lettera che c’è nella mostra. Quindi, vedete, quella intuizione straordinaria del Principe Cesi nel 1603, che ha avuto come leader Galileo Galilei, continuata nella storia con molto sacrificio da parte di Papi, e che arriva oggi anche a un momento di svolta e di nuove promesse, come già diceva Nietzsche, è stata forse una delle cose più geniali che sono sorte (nella Gaia Scienza lo dice: questa è stata una delle intuizioni più geniali dei Papi nel Rinascimento che Lutero non ha capito – adesso non voglio fare la polemica coi protestanti, con Lutero; ma la fa Nietzsche -), perché hanno capito esplicitamente quello che già era presente nella tradizione (in Paolo, in tutta la tradizione patristica, nella scolastica, in San Tommaso), cioè che l’uomo ha due fonti di conoscenza per capire che cosa è lui stesso, la sua vita, il mondo, Dio: una è la ragione, e un’altra è la fede. Ma la ragione, non solo la ragione filosofica, ma anche la ragione scientifica, che veniva appunto con la nuova impostazione che veniva curiosamente e, diciamo, provvidenzialmente – perché questo è anche un fatto -, veniva a esser scoperta nello Stato Pontificio, diciamolo così. No, l’Accademia non è stata fondata dal Papa Clemente VIII, questo è chiaro, ma – come dice bene Shea -, con l’auspicio del Papa Clemente VIII Aldobrandini, e celebrata da Nietzsche proprio per questo, e curiosamente nello Stato Pontificio, a Roma, ma soprattutto sotto la ispirazione cristiana. E lo dice molto bene Giovanni Paolo II quando cerca di rivendicare la figura di Galileo, che è forse il fatto di idee più importante in generale, ma certamente per il campo scientifico, che ha fatto questo Pontificato, cioè una nuova considerazione del problema di Galileo, non perché la Chiesa non l’avesse chiara già, ma non era chiaro per tutti qual era la posizione della Chiesa, e noi allora per la celebrazione dei quattrocento anni mettiamo la medaglia di ricordo, molto bella, del Papa che apre le braccia a Galileo, e così la dialettica dell’Accademia arriva alla sua pienezza, perché naturalmente non è facile questo rapporto tra la ragione e la fede, ma è necessario; e quindi in questo punto, non solo questo è nato a Roma, nello Stato Pontificio, ma soprattutto – come dice papa Giovanni Paolo II – è nato dalla fede, perché forse Galileo è stato l’habitus della fede che ha spinto, naturalmente in una mente geniale come Galileo, che ha spinto la scoperta di un mondo nuovo, che è quello della scienza moderna. Quindi ragione e fede, circolarità della ragione e della fede, e una fede che è capace – dice questo Papa all’inizio del Suo Pontificato – di influire, di creare cultura; non è che la fede è cultura, né la ragione, sono due ambiti diversi! -, ma una fede potente come è stata quella medievale, che ha creato le università, che ha creato le cattedrali gotiche, che ha creato le cose straordinarie che noi ancora oggi ammiriamo di quel periodo storico, ecco, una fede che anche nei tempi moderni ha creato la nuova scienza; nella mente di Galileo, nella mente di Cesi, ma era gente profondamente credente, e quindi, naturalmente, c’è bisogno di una mente potente, ma c’è bisogno anche della fede, quindi una fede che crea cultura anche nei tempi moderni. Possiamo dire che questa è un po’ la tesi Giovanni Paolo II riguardo il punto di Galileo.
Per parlare precisamente dell’Accademia io vorrei mostrare un testo che è molto significativo di un grande Papa lombardo, del quale oggi si parla poco, perché naturalmente gli storici hanno fatto la rivendicazione di Pio XII, di Giovanni Paolo I, naturalmente, – adesso stiamo celebrando l’anniversario della sua morte -, si è fatto anche di San Pio X, si è fatto anche di Pio IX, ma nessuno parla di Pio XI, il grande Papa lombardo, che ha ristrutturato l’Accademia della Scienza, e anche solo per questo meriterebbe una sua rivendicazione. Qui siamo proprio vicino alla Lombardia, ancora in cultura lombarda – si può dire se non vi offendete – e quindi è bene rivendicare questa figura straordinaria di Papa che, ristrutturando l’Accademia, quell’Accademia del Lincei, che ha continuato nel Settecento e che nell’Ottocento è stata ristrutturata ancora da Pio IX e da Pio VII diceva che era stata questa ristrutturazione dell’Accademia – lui l’ha ristrutturata nel ’26, dandole la nuova sede anche se gliele aveva dato nel ’23, ma nel ’26 ha ristrutturato anche la sede, che è la Cassina Pio IV, che potete vedere anche nella mostra, e che è uno dei gioielli del Vaticano, gioiello nascosto, perché come è poco conosciuta l’Accademia della Scienza è anche poco conosciuta la sede dell’Accademia della Scienza – vi invito tutti a venire a vederla; voi state celebrando le opere meravigliose che ha fatto Michelangelo nella Cappella Sistina; questa è fatta da un allievo di Michelangelo; io non dico che sia così bella come la Cappella Sistina, ma è molto vicina alla Cappella Sistina; Pirro Ligorio è stato il modello di tutte le ville romane di allora e anche delle ville francesi; Fontainbleu per esempio copia questo modello-. Quindi questo grande Papa che ha dato questa sede straordinaria all’Accademia e che l’ha ristrutturata, diceva che la cosa più bella del suo pontificato, quello che gli aveva dato più soddisfazione, era proprio questo: “tra le molte consolazioni con le quali la divina bontà ha voluto rallegrare gli anni del nostro pontificato, ci piace di porre quella di aver noi potuto vedere non pochi di coloro che si dedicano agli studi delle scienze sperimentali mutare il loro atteggiamento e il loro indirizzo intellettuale nei riguardi della religione.”- naturalmente si riferisce a molti degli accademici – “la scienza, quando è vera cognizione, non è mai in contrasto con la verità della fede cristiana, anzi, come è ben noto a coloro che studiano la storia della scienza, si deve riconoscere che da un canto, i romani pontefici e Chiesa cattolica hanno sempre favorito la ricerca dei dotti anche nel campo sperimentale – cioè questa ricerca della verità, anche nel campo sperimentale – e dall’altro queste ricerche hanno spianato la via della difesa del deposito della verità soprannaturale”. Quindi il Papa credeva, ed è questo che viene fuori in questi bellissimi testi che adesso con l’editore Cantagalli vogliamo fare, cent’anni di discorsi di Papi alla Pontificia Accademia della Scienza.
L’idea dei papi, ma particolarmente espressa in Pio XI e Pio XII, era che la Provvidenza aveva, per così dire, come segno dei tempi, manifestato questo interesse nuovo della comunità scientifica perché la scienza, con quel nuovo approccio realistico- pensate che la filosofia allora era idealista, ecc. ecc.- doveva portare a una maggiora sensibilità riguardo all’esistenza di Dio ed alla sua Provvidenza. E noi abbiamo quest’idea di Pio XI in questi testi perciò lui si interessava tanto all’Accademia ma andava tre volte all’anno personalmente, prendeva appunti, faceva la sintesi, parlava spontaneamente agli allora ottanta scienziati e lui stesso diceva che andava lì perché considerava che quello era il suo senato scientifico. I Cardinali erano il senato gerarchico ma il senato scientifico era l’Accademia della scienza (questa era l’idea che aveva) e diceva che gli accademici perciò dovevano avere il titolo di eccellenza: “noi dobbiamo rivolgerci agli accademici con il titolo di eccellenza per questo motivo”. Era il suo senato scientifico e perciò – questo nuovo segno dei tempi che darà la scienza aveva favorito non solo la ricerca nel campo scientifico ma anche spianato la via della difesa del deposito della verità soprannaturale affidato alla Chiesa perciò “ci ripromettiamo pertanto che gli accademici pontifici, per mezzo di questo nostro istituto conferiscano sempre più e sempre meglio al progresso della scienza. Ad essi non chiediamo altro giacché in questo egregio proposito e nuovo lavoro consiste quel servizio in favore della verità che da essi aspettiamo”. È un testo dove avanti aggiunge: “da loro non aspettiamo altro che questa ricerca alla verità”. Perciò non facciamo nessuna discriminazione né razziale né religiosa. Voi sapete che nell’accademia noi non investighiamo, non chiediamo, abbiamo cristiani naturalmente, ma abbiamo anche ebrei, abbiamo anche musulmani, abbiamo anche indiani e quindi probabilmente abbiamo gente che pratica tutte le religioni. Ma si mettono insieme dei diversi campi delle diverse parti del mondo con l’idea fondamentale della ricerca della verità. A distanza di oltre quarant’anni Giovanni Paolo II tornava a sottolineare il ruolo svolto nel suo primo discorso agli accademici tenuto il 10 Novembre 1979 per il centenario della nascita di Einstein. E diceva allora Giovanni Paolo II riprendendo le idee di Pio XI: “L’esistenza di questa pontificia accademia delle scienze di cui nella più antica ascendenza fu socio Galileo e di cui oggi fanno parte eminenti scienziati senza alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa è un segno visibile – elevato tra i popoli – dell’armonia profonda che può esistere tra la  verità della scienza e tra la verità della fede. La Chiesa di Roma, insieme a tutte le chiese sparse nel mondo, attribuisce una grande importanza alla funzione della pontificia Accademia delle scienze”. Naturalmente (io sono stato rappresentante della Santa Sede a Budapest nel convegno che è stato fatto sull’educazione, sono andato anche – rappresentando la Santa Sede all’incontro che ha fatto l’Unesco sulle nuove emergenze, alle etiche sulle nuove emergenze ) la cosa che ammira sempre più è che l’unica Chiesa che ha un’istituzione capace di dialogare direttamente con gli scienziati è la Chiesa Cattolica, la chiesa protestante non ce l’ha, le altre religioni non ce l’hanno. Naturalmente questa è la genialità in definitiva dei Papi che hanno ottenuto con molto sacrificio questa istituzione della accademia della scienza poco conosciuta. E ogni volta si vede che questa introduzione è stata più importante e più feconda. La Chiesa di Roma, insieme a tutte le chiese sparse nel mondo, attribuisce una grande importanza alla funzione della pontifica accademia delle scienze; il titolo “pontificio” attribuito all’accademia, come voi sapete, significa l’interesse e l’impegno della Chiesa in favore delle diverse dell’antico mecenatismo ma non meno profonda ed edificante. E qui cita un bellissimo gesto del Monsignor Le Maitre, che è stato presidente dell’accademia e che è uno degli scopritori del cosiddetto “Big Bang” e che ha influito moltissimo nella forma che Pio XII conosceva così da vicino i problemi della scienza e noi vediamo che Pio XII in quasi tutti i suoi discorsi e non solo in quelli che fa per l’accademia della scienza che sono dei pezzi straordinari, ognuno è una conferenza su un argomento specifico: il più famoso è quello sulle prove dell’esistenza di Dio a partire della scienza moderna ma c’è l’altra che è la provvidenza di Dio a partire della scienza moderna; io sto facendo un corso a una delle università pontificia su questi testi che sono veramente dei capolavori, cioè si può aggiustare qualcosa ancora perché sono già di un certo tempo, ma l’intuizione di fondo è quella di vedere nella scienza qualcosa della Provvidenza per avvicinare gli uomini a Dio, alla verità e a Dio. E quindi ecco che Monsignor Le Maitre ha contribuito molto anche a questo e direi solo che nella parte finale l’accademia ha avuto non solo questi interessi speculativi ma anche naturalmente tantissimi interessi di tipo scientifico più concreto (sull’acqua, sull’energia, su come fare perché l’acqua salata si converta in acqua dolce, e sul problema dell’uomo, quando è l’inizio della vita, quando è il momento della morte è stata l’accademia a dare un criterio che poi è quello che hanno seguito i Papi), ma voglio dire in conclusione che la cosa che veramente impressiona è quanto ci sia stato un flusso ed un riflusso tra quello che è naturalmente la missione petrina del Papa di portare avanti la salvezza degli uomini e la verità che porta la salvezza, e il contributo d’altra parte di questa verità della scienza portata da questi accademici, in modo che molte volte il magistero è stato molto influenzato dal pensiero della scienza; e forse è per questo il magistero che noi abbiamo di questi ultimi Papi è così classico e moderno nello stesso tempo, così preciso e quindi quando molte volte si dice “la Chiesa che parla di queste cose non…”: la Chiesa ha una base scientifica fortissima quando parla molte volte nel campo della scienza. E quindi diciamo flusso e riflusso fra quello che è la comunità scientifica e quello che è il magistero della Chiesa; e quindi qualche volta la comunità scientifica prende argomenti che vengono dalla verità della fede portate dai Papi: per esempio, “la scienza per la pace”; “mai deve andare la scienza contro la pace” questo lo dice Benedetto XV all’inizio del suo pontificato nel momento della guerra nel suo famoso messaggio, ma lo dice all’accademia delle scienze; oggi lo dicono tutti. Pio XII avverte contro la bomba atomica – perché l’aveva saputo per primo da Max Planck in una lettera che abbiamo noi all’accademia – e dice: “Guardate che se viene fuori la bomba atomica sarà un dramma per l’umanità, ma anche per la scienza” ed aveva detto bene. Questo è stato un peccato cosiddetto originale della scienza. E così via. Abbiamo quindi un flusso di quello che è il magistero dei Papi nella comunità scientifica con naturalmente certi filtri, e d’altra parte però abbiamo un flusso di quella che è la verità della comunità scientifica all’interno del magistero della Chiesa (come per es. il momento della morte, l’inizio della vita, tante cose che riguardano l’antropologia e tante altre cose che riguardano il rapporto dell’uomo con la natura).
Quindi voglio concludere con le stesse parole che potete leggere di Max Planck di questa richiesta ai Papi; di continuare a tenere questa Accademia e non solo questo Papa ma anche i suoi successori. Ma direi – per celebrare questi quattrocento anni in questo inizio di millennio – con una nuova svolta, con un nuovo punto di partenza: maggiore rapporto tra fede e scienza, rapporto articolato anche (tanto questo è l’idea del Papa della ragione e della fede) tramite anche la filosofia (perché è necessario rivendicare l’idea della persona, è necessario rivendicare l’idea di Dio, che è Persona intelligente e provvidente, e sono tutte cose che vengono dalla scienza ma occorre anche il salto, e comunque il passaggio filosofico). E quindi ecco direi un nuovo slancio dove fede e ragione (ragione filosofica e ragione scientifica), stiano in armonia non solo per sé perché ognuno fa la sua organizzazione interiore naturalmente ma anche con una certa oggettività, e che la comunità scientifica insieme alla comunità degli altri ricercatori trovino delle linee fondamentali anche per aiutare tutti quelli che ricercano la verità. Grazie.

Gargantini: Ringraziamo Monsignor Sorondo che ci ha aiutato a cogliere l’originalità ed anche la creatività della Chiesa; in questo contesto ci ha fatto percepire come l’interesse della Chiesa per tutto l’umano arriva appunto a spingersi fino a queste frontiere ed ha la capacità di dialogare con tutto l’uomo, con l’uomo d’oggi con i suoi problemi, con le sue aspettative, con i suoi desideri. Lascio adesso la parola al prof. William Shea ed alla sua presentazione.

William Shea: Innanzitutto voglio ringraziare Mario Gargantini e gli amici di Comunione e Liberazione per avermi dato questa possibilità di partecipare a questo grande Festival. È la prima volta che ho l’onore di venire e di poter parlare con il mio amico Marcelo Sanchez Sorondo, di poter innanzitutto rispondere alla grande questione che è la domanda che fate tutti: “Se io voglio essere felice” e la risposta è “Sì”. E sono convinto che uno non può essere felice senza la fede, la fede in un Dio personale che è l’autore di due grandi libri: la Bibbia e il libro della natura. E quindi sono molto grato di essere e di ritrovarmi in un gruppo di persone felici: è molto più facile essere felici con altri che lo sono già e quindi questo splendore, dinamismo, convinzione della fede che abbiamo in comune è un modo di ripristinare, anche per me alla mia età, la vitalità della ricerca della verità in un contesto dove sappiamo che la verità è personale, perché la verità viene da Dio sotto due forme: nella Parola rivelata e nella Parola creata. Ringrazio anche Mario di darmi gentilmente la possibilità di esprimermi initaliano. Io penso – questo lo posso dire perché sono straniero -, sono profondamente convinto che l’Italia è il più bel paese del mondo ed è per questo che sono particolarmente lieto di essere stato chiamato all’Università di Padova per coprire la Cattedra Galileiana di Storia della scienza. Avendo detto questo, devo aggiungere che ho scoperto e scopro ogni giorno che l’italiano non solo è la più bella lingua al mondo ma è anche una lingua molto ricca e se di tanto in tanto sentite una voce che non esiste nel vocabolario italiano, non esiste affatto!
Oggi vorrei brevemente dire tre cose. Prima parlare del contesto celebrativo della conoscenza scientifica, la sfida della conoscenza scientifica e quella anche del mondo religioso, delle difficoltà che incontriamo tutti; poi vorrei parlare della prima Accademia dei Lincei fondata – non sapete quanto sono lieto di vedere stamattina delle persone che hanno anche delle possibilità – da un ragazzo che aveva diciotto anni: questi sono i momenti splendidi della vita, cominciare una cosa da un’età giovane e continuare fino a quando è possibile. Ed alla fine naturalmente parlerò anche un pochino di Galileo perché è stato la personalità più importante e dirò brevemente (tutto questo in meno di mezz’ora) quello che mi sembra il compito che abbiamo tutti nel contesto storico-culturale: quello nostro.
La ricerca scientifica comincia in questo modo mi sembra: qui in basso c’è uno scienziato di cinque-seimila anni fa (forse diecimila anni fa) che fa una scoperta piuttosto pericolosa. Questo sasso è piuttosto grande ed arriva ad una velocità stupenda e si dice: “Quello che dobbiamo fare è di utilizzare questa forza della natura: se io potessi trovare un sistema per utilizzare questo qua potrei camminare con grande velocità senza pericolo”. Questa è un’idea geniale che gli viene. Penso che sia questo la scoperta scientifica: utilizzare quello che troviamo nella natura e rendere queste forze naturali utile a sé stessi ed ovviamente agli altri. Questo è il primo passo. Il secondo quando si fa l’università, si creano professori un po’ distratti e troviamo questa ricerca in laboratorio: quel professore sta cercando di capire la forza dell’acqua e del vento e si dimentica del grande pericolo nel quale noi lo vediamo, assorbito dalla sua problematica; dobbiamo di tanto in tanto prendere anche questi rischi perché senza rischio non c’è scoperta; qui speriamo bene! per il professore che trov erà la natura non solo nella forza dell’acqua e del vento ma sarà in grado di superare il suo pericolo?
Qui mi permetto di dire che questo è un tentativo modesto di rappresentare il mio collega e amico Mario Gargantini che sta dando una lezione sul problema geometrico al momento; c’è un triangolo, simbolo trinitario, e si affaccia alla finestra il Padre eterno per incoraggiarlo! Io so che questo è avvenuto perché mi capita ogni giorno, come a tutti: qualsiasi è il nostro lavoro come può essere insegnare geometria, fare ricerca in un laboratorio, Dio è sempre presente, ci vede; non si affaccia in questo modo ma sappiamo che la gioia profonda di sapere che, qualsiasi è il nostro lavoro, la presenza di Dio è quello che ci porta il piacere di continuare anche se i ragazzi che sono là dietro stanno creando un caos! Poi ci sono le teorie che si sviluppano di più. Adesso vi propongo una teoria “nuova” – forse non sarete d’accordo – ma mi sembra una nuova teoria dell’evoluzione ispirata ovviamente dall’accademia pontificia: ecco una nuova versione della teoria! È un modo di divertirsi di un passaggio da una realtà acquatica, poi come finisce questo qua lo sapete ho tagliato il pezzo: dopo la macchina viene la bicicletta! E poi c’è lo sforzo anche nel campo religioso. Il coraggio che ci vuole per un’idea folle come questa si ritrova in certi momenti della storia della salvezza e questo – la prossima immagine che ho preso non ho avuto il tempo di tradurla ma insomma vedrete che è un messaggio visivo – qui è Mosé che dice al popolo israeliano che devono passare: “Ma come? dite che c’è un po’ di fango?” Dovevano lasciare l’Egitto attraverso il mare che si è aperto però loro sono esitanti perché non vogliono sporcarsi le scarpe nuove che hanno comprato lì lasciando l’Egitto! Poi tornando agli studenti di Mario – è anche un’esperienza personale – la prossima è una cosa che mi è stata mandata da un collega che ho conosciuto all’università tanti anni fa e che mi ha detto: ”Senti la cosa che ti mando è una cartolina perché prima della tua partenza dall’università ho fatto una fotografia di te per farti capire che non sei sempre stato quello che pensi di essere”. Ecco qua. All’università di Cambridge dunque il mio primo passo è che ho avuto qualche problema a leggere quella voce che dice: “Tirare”. Ma per fortuna ce n’era uno che era veramente bravo: è il Principe Cesi. Cesi nel 1604 all’età di diciotto anni ha deciso di fondare un’accademia per la ricerca e la comprensione del secondo libro di Dio (il libro della natura). Questa tematica che ho proposto all’inizio è profondamente vissuta all’inizio della scienza moderna, cioè la scienza moderna è un fenomeno profondamente cristiano. Nel passato abbiamo la tradizione greco-romana e il fatto è che la scienza moderna comincia in un contesto cristiano da persone come Galileo, Keplero in Germania, Newton in Inghilterra che appartengono a varie sezioni della grande famiglia cristiana, ma tutti sono ispirati da questa convinzione profonda: che Dio ha fatto i due libri. E dunque l’autore della Bibbia e della natura non può essere in contraddizione con sé stesso. Se io faccio una scoperta nella Bibbia, nella dimensione della vita personale, non può essere in contraddizione con la conoscenza della natura; e dall’altro lato se io faccio una scoperta di una verità del libro della natura può servirmi a capire che cosa voleva dire Dio quando ha scritto (ha fatto scrivere) ha rivelato sé stesso tramite la Bibbia. E questa non è una grande novità: S. Agostino ne ha parlato in modo molto esteso. Però è molto importante capire questo: che l’Autore ce n’è uno solo: dunque noi possiamo sbagliarci Dio no. Cesi chiaramente ispirato da questa grande visione che nasce e si sviluppa in quel tempo aveva anche un ideale più vicino a qualcosa di concreto: l’oratorio di S. Filippo Neri. S. Filippo Neri è un amico della famiglia; veniva a casa dei Cesi specialmente dalla mamma di Federico Cesi. Federico Cesi era una persona estremamente meravigliosa da tutti i punti di vista. E ha voluto fare il campo della ricerca (il mondo naturale, la botanica, era particolarmente interessato alla botanica ed ai fossili); voleva portare questo spirito di scoperta e ritirarsi un pochino da quello che lo minacciava (come un nobile il mondo della politica) e quindi crea l’Accademia dei Lincei pensando al linceo che esisteva ancora (questo piccolo animale che doveva avere una visione eccezionale; ed anche al Linceus che era tra gli argonauti il principale). Che cosa intendeva fare con questo qua? Intendeva nella prima costruzione quasi un ordine che somiglia molto ad un ordine religioso, ma ispirato proprio a questa fede profonda nella verità che con qualsiasi nostro tipo di lavoro incontriamo la mente e se siamo fortunati anche la volontà di Dio in questo contesto. Però il Papa come c’entra Clemente VIII, Ippolito Aldobrandini? Non dobbiamo immaginare, come alcuni dei miei colleghi che non conoscono bene il mondo cattolico, che a Roma c’era il Papa che era il capo dell’ Inquisizione e controllava tutto: questo è completamente sbagliato. Studiando il periodo di Galileo, Galileo ha passato praticamente due anni della sua vita a Roma e mi è sembrato a volte – leggendo la corrispondenza – una festa continua: hanno mangiato e bevuto in modo meraviglioso in quel tempo! E c’era anche la creazione di molte accademie che oggi sarebbero i club, movimenti. A titolo di esempio solo per Padova in questo periodo nel 1604 ho trovato a Padova l’accademia degli infiammati, l’accademia degli elevati, l’accademia dei costanti, l’accademia dei potenti, l’accademia degli eterei, l’accademia dei rinascimenti, l’accademia degli animosi, l’accademia degli stabili e l’accademia degli adulti (alla quale mi sono iscritto!) Però è molto interessante vedere questo fenomeno: sono giovani talvolta non direi persone molto anziane che creano questi club; la fortuna di Cesi è di aver saputo due cose, mi sembra: che per fare ricerca a livello europeo – ed ha anticipato in questo senso quello che conosciamo oggi – ci vuole una comunità europea, e quindi ha incominciato a scrivere a diciotto anni – una cosa strana! Ovviamente essendo principe aiuta un poco! – ai grandi scienziati europei chiedendo una corrispondenza e invitando a un certo numero di queste persone ad aderire alla sua accademia. Non sono mai stati più di venti membri viventi. Aveva cioè capito una cosa Cesi: troppe persone troppa confusione se non organizzati (“io non sono in grado di organizzarli”): io avevo pensato fino ad oggi che aveva ragione Cesi! Invece ho visto dal gran numero di partecipanti a questo festival che aveva torto! È possibile avere tante persone! E ne sarebbe stato molto felice se avesse saputo quello che avete fatto voi: l’avrebbe potuto tentare magari. Dunque questa è la prima cosa: un contatto europeo intenso, ma con tutti molto aperto. E’ un cattolico convinto religioso: prima di cominciare il lavoro nel laboratorio fanno una preghiera che si potrebbe utilizzare anche oggi. Ha relazioni con tutti: che siano protestanti od anche, come vedremo, col mondo musulmano. La seconda cosa che mi sembra originale è di aver pensato quando andava a fare collezioni di fiori, non solo di disegnarli, ma di farsi accompagnare da un’artista in grado di avere  un documento da studiare dopo la ricerca. Questa sembra una cosa anche triviale: per me è una vera novità. Ogni volta che escono, escono con una persona in grado di copiare in modo fedele quello che è stato osservato, per poter accumulare i dati, e Cesi è stato il primo ad utilizzare a questo scopo il microscopio di Galilei. Galileo ha scoperto il telescopio (ha utilizzato una invenzione anteriore ma lo ha utilizzato a scopi scientifici nel 1610) e poi lo ha rovesciato ed ha inventato il microscopio e Cesi ha saputo utilizzarlo per studiare, per esempio, come vedremo le api dei Barberini. Questo gruppo di quattro giovani ha fatto una cosa sbagliata, che molto divertente per loro: hanno inventato una scrittura propria (un codice) e in questo codice hanno cominciato a scrivere tra di loro; il padre di Cesi si è arrabbiato perché non poteva leggere la corrispondenza, e in un certo momento si è anche un po’ arrabbiato con uno di questi quattro giovani, un bravo ragazzo, – però la vita a Roma era un po’ complicata, oggi non è più come all’inizio del seicento – aveva ammazzato una persona in una rissa e Cesi ha dovuto farlo uscire; ed il papà ha pensato che era l’ora per un giovane di non avere questo tipo di problema, hanno accompagnato alla frontiera questo giovane, che era del Belgio, fino alla frontiera – ed aveva ragione perché arrivato a Diep ha litigato di nuovo, questa volta su un problema teologico, ed ha dovuto ammazzare un calvinista. Quindi vediamo i problemi della nascita di questa accademia. Tra il 1604 e il 1610 non è successo molto perché Cesi ascoltò suo padre; la sua libertà di manovra cambia quando arriva ad un’età più avanzata e nel 1610 ha un’idea geniale: io voglio fare entrare nella mia accademia (questo è il simbolo dell’accademia dei Lincei, questo bellissimo animale che vede tutto) e fa entrare Galileo. Questa è l’unica pittura di cui siamo assolutamente sicuri. Nel 1624, Galileo è stato iscritto nel 1611, si reca Galileo a Roma e Cesi fa fare dal pittore Ottavio Leone il Galileo vero. Vediamo anche un occhio ha problemi di visione e questo è il nostro Galileo che darà la fama e reputazione all’Accademia dei Lincei. Per noi oggi diciamo: l’accademia dei Lincei ha avuto l’immenso onore, la genialità di Cesi di andare a cercare Galileo che aveva fatto le scoperte col telescopio e che la luna è coperta di montagne, e che ci sono nuovi pianeti e anche nuove stelle. Per Galileo la cosa era diversa, l’onore era tutto suo. Questo è un altro quadro del nipote del Papa Urbano VIII, amico di Galileo. È uno studente dell’università di Pisa e fa una cosa che non capita mai. Si presenta al professore e dice: ho grossi problemi, ho bisogno di una raccomandazione professore. Galileo gli ha dato una raccomandazione e quando il giovane è diventato cardinale è rimasto molto leale al suo ex-professore. È stato fatto anche da Ottavio Leone. E questa è la componente napoletana. Volevo farvi un museo di Ferrante imperatore. Aveva una collezione di fossili, ma la parte più spettacolare è il coccodrillo, ovviamente. Questo data del 1600, penso che questo dovrebbe essere un quarto, per farvi vedere nella parte superiore quel codice segreto che loro usavano e questa è una figura astrologica – ve lo dico per ricordare il fatto che anche l’accademia dei Lincei non poteva procedere senza determinare se gli astri erano in congiuntura. Qui abbiamo un fenomeno che non è anti-scientifico; fin quando non sappiamo che la congiunzione possibile di astri non agisce direttamente sul comportamento umano è una teoria scientifica, oggi falsificata, superata, ma a quel tempo si poteva pensare che il giorno più opportuno che loro hanno scelto era il 19 agosto, perché i pianeti erano in una posizione interessante. Uno dei quattro giovani dice: ma io mi sono sbagliato e quindi hanno cambiato la data astrologica per fare una seconda data il 27 settembre. La sensibilità della scienza moderna… Qui vi do un esempio di quello che uno di questi giovani che è stato mandato via dal padre: è sempre stato accompagnato da un disegnatore pagato da Cesi. Questo gli ha mandato da Monaco di Baviera una cosa che lui non aveva visto, ma che gli ha fatto disegnare da un altro. Vediamo che la scienza poteva essere a quel tempo anche un po’ fantastica, ma pensava che questa fosse una realtà di tipo osservabile non l’ha osservata lui, l’ha osservata un altro. Quello è l’altro personaggio importante entrato nei Lincei: Giovanni Battista Della Porta, oggi sconosciuto da tutti, ma a quell’epoca il più famoso personaggio nel campo scientifico dell’Europa intera. Ha scritto un libro di magia naturale che è stato venduto in traduzione e ha avuto un numero importante di copie. Cesi è andato a trovarlo e aveva più di 70 anni Della Porta. Stava scrivendo un libro ma il suo editore non voleva pagare per l’edizione. Ha capito subito che Cesi, che in quel momento aveva 19 anni, ha detto: “Io dedico il mio libro a lei” e Cesi dice: “Benissimo”, dunque ha pagato per la pubblicazione del libro. Si sono capiti a meraviglia. Un esempio dei tentativi di Cesi di sviluppare i contatti col mondo musulmano. Questo è un Linceo: era un cattolico che però conosceva bene la lingua musulmana, e ha aderito ai Lincei. Io non sono in grado di leggere questo testo, ma un collega mi ha assicurato che è in arabo e è una cosa molto interessante questo qua. I contatti tra la cultura occidentale e la cultura musulmana-islamica erano una cosa pregiata e insomma, sentiva il bisogno di sviluppare questi contatti. Qui vediamo Galileo. Per noi vediamo Galileo è stato il grande trionfo dei Lincei, lui lo vedeva in un’altra chiave. Questo è un libro che ha pubblicato nel 1613, è il primo libro che pubblica come linceo ed è scritto: Galileo Galilei, Linceo. Questo era un titolo di gloria. Suppongo che è la stessa cosa oggi per quelli che sono membri del Accademia Pontificia. Ma sotto vengono scritti altri titoli importanti che mette sempre sui suoi libri. Ma solo al secondo posto c’è: nobile fiorentino, filosofo e matematico primaro del serenissimo Don Cosimo, Granduca di Toscana. E quello lo farà anche su altri libri. “Il Saggiatore” a titolo di esempio vediamo sotto il nome di Galileo: Accademico Linceo, nobile fiorentino. E queste sono api che facevano parte dello stemma del Pontefice Urbano VIII, studiato col microscopio. Dunque la scienza a servizio di una conoscenza delle api, ma anche diciamo un pochino al servizio dei Barberini.
E questo è la fine di questa presentazione.
Vorrei dire due parole in modo da concludere sul contributo della scienza alla nostra visione e alla nostra comprensione di Dio. Il libro della Bibbia non cambia mai, ma la nostra interpretazione si arricchisce; il libro della natura ha portato persone come Galileo, Newton, Keplero a vedere Dio come il grande architetto, il geometra perfetto che disegna l’universo e lo realizza. Il simbolo è una macchina: è l’orologio. L’orologio perfetto del mondo è quello che Dio ha voluto fare. Si pensa a Dio in chiave scientifica come il meccanico supremo, che fa l’orologio perfetto. L’immagine si trova in Galileo, Keplero, Newton, Cartesio, poi tutti ne parlano. Mi sembra che questo sia stato un grande contributo della scienza: di farci pensare a questo aspetto della creazione. Oggi, lancio questa cosa che può sembrare un po’ banale, nel contesto nostro in cui siamo più preoccupati da problemi di ambiente, la scienza è in grado di aiutarci a capire Dio e un altro aspetto della divinità o dell’intervento di Dio; il senso della nostra responsabilità per l’ambiente, per il mondo, per gli animali, per la creazione. Mi sembra che il rapporto fra scienza e fede passa da questo, qualsiasi sia la nostra posizione. Ma all’interno del clima scientifico, come nel ‘600 hanno saputo mettere in luce un aspetto di Dio supremo architetto, penso che noi possiamo imparare oggi che Dio ci vuole anche responsabili della creazione e che in questo senso dobbiamo partecipare alla Sua volontà per rendere tutto il mondo felice. Vi ringrazio.

Gargantini: Ringraziamo il professor Shea per averci illustrato con documentazione approfondita un esempio di questa esperienza dell’accademia proprio come uno di quei luoghi, di quegli ambiti educativi di amicizie operose, come dicevamo all’inizio, che sostengono la ricerca, di cui oggi c’è bisogno.
Visto che lui ha valorizzato l’ambiente del Meeting come luogo di lavoro comune allargato, io rischio di aprire lo spazio di una, o al massimo due, se sono solo domande, restando nei tempi che permettono poi a tutti di recarsi a pranzo. Sicuramente non più di due domande e solo se sono domande.

Domanda: Volevo chiedere possibilmente a tutti e tre visto che si tratta di tre ricercatori che mi sembra di capire da un periodo di tempo abbastanza lungo svolgono questa attività di ricerca, se nel corso della loro attività non è mai capitato di soffrire magari un po’ il dubbio di questa possibile armonia per quanto riguarda il rapporto tra ragione scientifica e ragione teologica. Perché non è così scontato secondo me che ci sia questa possibile armonia. Magari può essere messa in discussione o possono esserci dei momenti in cui magari il ricercatore può essere colto anche dal dubbio, magari anche la domanda: ma il metodo è esatto? È chiaro? Grazie.

Domanda: La mia domanda è questa: chi finanzia oggi la scienza non ha per caso un’idea distorta dell’uomo, una visione idea non corretta. Non c’è un grave pericolo per il futuro?

Sanchez Sorondo: Beh, cerchiamo di rispondere brevemente, naturalmente la prima domanda è molto semplice, ma contiene una pluralità di domande, perché il problema è il dubbio della scienza, poi il dubbio della fede, poi il dubbio del rapporto tra scienza e fede. Ma diciamo in linea di massima così: ogni verità nella nostra condizione di viatori, cioè di pellegrini in questa terra è dubbia, c’è un fondo di dubbio perché il fatto di non vedere Dio faccia a faccia, come dice S. Paolo, che vedremo, nella Lettera ai Corinzi, e di vederlo invece nello specchio e nell’enigma e questo vale sia per la fede che anche per la ragione riguardo a Dio e riguardo a quasi tutte le cose, anche riguardo a noi stessi, non possiamo avere un’auto-trasparenza piena, e quindi ci resta il dubbio. Ma il dubbio nella fede e in generale nella scienza e anche nei rapporti di scienza e fede si può convertire in motore di alimentazione, come vuole S. Agostino, della nostra fede e lui propone la cogitatio cioè il meditare della fede mossi dal dubbio per cercare di chiarire, perché in fondo la fede e la ricerca della verità e anche della verità della fede, ha per motore l’amore, la carità, perché la nostra adesione alla verità è un’adesione del desiderio nostro di conoscere la verità, però questo desiderio è anche mosso dall’amore per la verità e della nostra scelta per la verità che è retta dall’amore a Dio. Dio è la verità che ci fa col dubbio andare avanti. Direi questo.
Riguardo naturalmente alla seconda domanda, la scienza come bene ha detto l’amico Shea, scoperta dai greci e approfondita dal mondo cristiano può essere soggetta sempre a, diciamo così, elementi spuri, strumentali, ideologie varie. Speriamo che le ideologie, le strumentalizzazioni e anche le privatizzazioni varie non possano disturbare, distrarre la sua fondamentale ricerca della verità che la fa libera, perché questa ricerca della verità, come dice S. Giovanni e quello che ci da la libertà. Quindi dobbiamo sempre stare attenti all’ideologia e alle strumentalizzazioni che sono come l’oro falso all’interno della scienza.

Shea: Io ho una fede profonda nella capacità di Mario Gargantini di trovare una soluzione. Forse questa è una risposta ingenua, ma la domanda è una domanda essenziale alla vita personale. Se io ho avuto in certi momenti dubbi seri…Io ho una fede molto semplice, penso che Dio mi ama, mi ha dato un’intelligenza limitata, ma è già qualche cosa. E davanti a questi problemi posso avere degli interrogativi, posso dare una lista di cose anche nel contesto religioso che sono problematiche, però sono convinto che Dio è presente nelle ricerche e se in un certo momento ci sono delle incompatibilità, non ne soffro troppo. Questo è un atteggiamento personale, c’è un’analogia con i rapporti personali. La mia mamma ed io non siamo sempre d’accordo a livello intellettuale, ma non mi è mai venuto il dubbio che quello che diceva lei era proprio quello al quale credeva, il rapporto è sempre stato un rapporto di confidenza. Anche quando c’è un momento di distacco io sono disposto ad aspettare anche il futuro. Sono un uomo felice!
La seconda domanda sulla scienza: chi finanzia la scienza. Ma sa, siamo noi, perché mandiamo al Parlamento delle persone che poi fanno delle leggi e stanziano. E dunque forse mi è capitato di votare per la persona sbagliata, ma anche là, forse sono molto ingenuo, ho una certa fiducia nella buona volontà delle persone, che a quel livello almeno cercano di capire la realtà complessa e difficile, e penso che forse dobbiamo come cattolici ogni tanto avere il coraggio di ricordare che la scienza è al servizio della felicità di tutti e non solo alla felicità dei boss delle grandi imprese.

Gargantini: Concludo sulla scia di quello che hanno detto loro dicendo che certamente quello della ricerca è un cammino che può essere faticoso, può avere dei punti di stop e dei momenti di difficoltà certamente, ma la strada è tracciata; ci possono essere dubbi, ma non c’è la disperazione. Come la frase che citavo prima del Concilio: “Non disperate della verità”. Questo perché la strada è tracciata non da noi, perché questa ipotesi di lavoro non è un’idea, ma si è fatta incontro. Io questo posso dire della mia esperienza. Sul fatto che l’ipotesi di lavoro, la strada su cui camminare, nella fatica, si sia fatta incontro non c’è dubbio. Su questo c’è certezza e questo permette di fare la fatica del cammino. Su questo vi ringrazio e vi saluto e vi invito eventualmente alla mostra.

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