“Pronti, partenza,… vita!”

Benedetta CappelliniSenza categoria

 

Proponiamo di seguito il testo della presentazione della mostra proposta al Meeting di Rimini nell’estate del 1998. Partecipano Davide Prosperi, Elio Sindoni, Paolo Tortora.

Lunedì 24 agosto 1998, ore 18.30, Sala 3

Relatori: Davide Prosperi, Vice Presidente dell’Associazione Euresis;
Elio Sindoni, Ordinario di Fisica Generale presso l’Università degli Studi di Milano;
Paolo Tortora, Docente di Enzimologia e Chimica Biologica presso l’Università degli Studi di Milano

Davide Prosperi: Vorrei raccontare brevemente l’esperienza da cui nasce l’associazione Euresis.
Euresis raccoglie persone che lavorano nell’ambiente scientifico, di qualunque genere: dalla ricerca al lavoro tecnico. Il motivo per cui ci siamo trovati insieme è perché ci siamo resi conto che nell’ambiente culturale moderno, soprattutto scientifico, è sempre più evidente che sono presenti tendenze e giudizi di ogni tipo. Chiunque può dire qualunque cosa. Per questo noi, che veniamo da una esperienza ben precisa, l’esperienza cristiana, volevamo esprimere un nostro giudizio sulla realtà, in tutti i suoi ambiti, secondo il lavoro e l’impegno che ognuno di noi ha. Ci siamo ritrovati e abbiamo messo in piedi questa associazione che ha diverse attività; in particolare io, che sono legato all’ambiente della ricerca, partecipo a una serie di incontri di carattere scientifico, in cui si discute della nostra esperienza nel lavoro che facciamo, mettendo a tema la ricerca e soprattutto lo scopo e il senso di quello che si ricerca. Euresis significa ritrovamento: non tanto quindi l’idea del cercare, quanto una ricerca finalizzata allo scopo per cui si cerca.
Questa stessa mostranasce dall’esperienza di Euresis.Elio Sindoni: Dietro ad ogni pannello di questa mostra c’è un enorme lavoro; ogni pannello infatti ha richiesto un profondo studio, una profonda preparazione da parte di chi lo ha realizzato, ed infatti gli studenti che hanno preparato la mostra hanno lavorato otto mesi. I coordinatori hanno solo dato qualche idea, il lavoro lo hanno fatto gli studenti.
La mostra parte da quella che è la teoria attualmente più accreditata per l’origine dell’universo: quella dell’universo evolutivo, ovvero di un atto iniziale che ha dato origine allo spazio e al tempo. Si può così rispondere subito alle domanda che tutti fanno: cosa c’era prima, cosa c’era fuori? Prima non c’era niente perché non c’era il tempo, fuori non c’era niente perché non c’era lo spazio. Tutto è iniziato da una minuscola quantità di materia che dopo pochi, 10 alla meno 32 secondi dall’inizio – 32 zeri -, era grande come un pompelmo, e che adesso ha una dimensione di circa 18 miliardi di anni luce. Un anno luce corrisponde a 9600 miliardi di chilometri circa. Questa storia è iniziata 18 miliardi di anni fa, secondo questa teoria.
A vari istanti di tempo dopo l’inizio sono comparse le prime particelle – prima era tutta energia -, man mano che l’universo si raffreddava. Perché si raffreddava? Perché c’è stata questa esplosione, e a poco a poco la temperatura è diminuita. Quando la temperatura è arrivata intorno a 10 alla 10 gradi, quindi 10 miliardi di gradi, si sono formati i primi nuclei, i protoni e i neutroni. A questo punto la materia era carica, era materia formata da particelle, non da atomi neutri. Ad un certo punto si sono formati i primi atomi: deuterio, idrogeno e così via. Più del 70% dell’idrogeno che abbiamo attualmente nell’universo si è formato in questi primi istanti. Ed è successo un fatto incredibile: siccome si sono formati gli atomi, la luce che prima non riusciva ad uscire perché era praticamente imprigionata dalle particelle cariche, è uscita – fiat lux. A 300.000 anni dall’inizio arrivano le prime informazioni, essendosi separata la luce – le informazioni – dalla materia. A poco a poco poi si sono condensate le galassie, le stelle, è comparso il DNA e alla fine è arrivato l’osservatore intelligente, l’uomo.
È importante capire che tutto questo è stato necessario perché comparisse l’uomo: non è che ad un certo punto è successo che è comparso l’uomo, c’è stata invece una evoluzione necessaria di circa 18 miliardi di anni, che ha portato ad un certo punto alla comparsa di un essere intelligente, autocosciente, in grado di chiedersi dei perché. Quello che abbiamo cercato di far vedere nella mostra è proprio l’idea dell’evoluzione dell’universo, partendo dal primo pannello che rappresenta l’età dell’universo compressa in un anno. Abbiamo compresso 18 miliardi di anni in un anno; abbiamo posto il Big Bang il 1 gennaio e adesso è il 31 dicembre. Se il Big-Bang è il 1 gennaio, i primi ominidi sono comparsi alle 10 di sera del 31 dicembre. Gesù è nato alle 11,59,56 secondi, e l’uomo ha cominciato la conquista dello spazio 4 centesimi prima di mezzanotte. Quindi, noi siamo alla fine di un lungo processo evolutivo.
Per quanto riguarda l’età dell’universo – a volte si sente che è 15 e a volte 18 milioni di anni -, essa dipende dai nostri mezzi di osservazione, perché l’informazione, la luce, viaggia ad una velocità finita, 300.000 chilometri al secondo, e quindi noi riceviamo i segnali che sono partiti miliardi di anni fa. Così, gli oggetti più lontani che si siano mai osservati, che appaiono come puntini e che sono distanti anche otto miliardi di anni luce, sono delle galassie, e contengono in media da cento a quattrocento miliardi di stelle.
Un altro problema che emerge dalla mostra è il problema della definizione di vita. Una possibile definizione è “sistema autoregolabile ad alto contenuto informazionale, capace di riproduzione ed evoluzione”: questo significa che c’è un progetto. La storia che porta al formarsi della vita parte dai primi atomi di idrogeno ed elio, a circa un milione di anni dall’inizio. Dopo cento milioni di anni questi gas si condensano in atomi, e per gravità si formano le galassie, i pianeti. Nel nucleo delle stelle si sono formati gli elementi più pesanti, per problemi di fusione nucleare, sino al ferro. Tutti i vari elementi si sono formati all’interno delle stelle per fusione nucleare; quando le stelle sono esplose e sono diventate supernove, si sono sparse in tutto l’universo, e hanno così costituito gli elementi che fanno parte della nostra vita. Il carbonio, l’elemento su cui si basa la nostra vita, è stato prodotto dall’urto simultaneo di tre atomi di elio; è un evento simultaneo avvenuto in 10 alla meno dodici secondi, e la probabilità che accada è estremamente bassa. Dopodiché si sono formate le molecole organiche precursori delle molecole – acqua, ammoniaca e così via – e poi tramite reazioni chimiche si sono formate le biomolecole, come gli amminoacidi e gli acidi nucleici. In seguito, si sono formati i procarioti in forma di microflora, che sono i batteri, ed infine tra 25 e 6 miliardi di anni fa si sono formati gli eucarioti, che saremmo noi.
Da tutti i pannelli risulterà, in maniera non plateale ma abbastanza evidente, che noi non siamo qui per caso: l’uomo è il progetto finale di un Architetto che ad un certo punto ha calibrato tutto l’universo. E anche la stella più lontana, la galassia più lontana, è importante ed ha un ruolo per il fatto che noi siamo qui adesso. Non è vero che siamo in un angolino disperso dell’universo e che non contiamo niente: tutto è stato calibrato e programmato perché ad un certo punto dovesse comparire un essere intelligente.Paolo Tortora:In questo intervento, devo relazionare su un aspetto della storia dell’universo per il quale le ipotesi disponibili presentano molte più incertezze che non l’aspetto astrofisico della storia stessa.
Esistono interrogativi estremamente importanti sui quali vi sono incertezze sostanziali: il problema dell’origine della vita, per quanto riguarda gli eventi accaduti sulla terra, è quanto mai aperto. Per impostare razionalmente questa parte di storia dell’universo, bisogna aver presente da un lato quello che è il punto di partenza e dall’altro il punto di arrivo di questo evento che è lo sviluppo che da composti organici semplici porta ai primi organismi. Le investigazioni svolte in questo ambito si sono dunque occupate di costruire le condizioni della terra primordiale e anche la scala cronologica dei tempi – di cui Sindoni ha parlato – e nel contempo di chiarire qual è il punto di partenza. Questo ultimamente si riconduce alla biologia nella sua interezza, dunque alla comprensione dell’intima essenza di un sistema vivente, anche di quelli apparentemente più semplici.
Quattro miliardi e mezzo di anni fa – è l’età attribuita alla terra ed è l’età in cui si consolidano le prime rocce – abbiamo le prime rocce databili. I primi organismi compaiono presumibilmente un miliardo di anni dopo, o forse in epoca più precoce, come viene attestato dai microfossili trovati su rocce che sono datate. A questo punto compaiono le prime cellule; in mezzo c’è quella che viene definita evoluzione chimica, il processo che dai composti organici semplici porta ai primi viventi.
Come era fatta la terra primitiva ed in particolare quali erano le condizioni chimico-fisiche in quella epoca primordiale? Sicuramente era più calda, come è intuibile, e aveva sicuramente anche un oceano. Aveva una consistenza diversa da quella attuale, anche se su un punto del genere, cruciale per capire come sono andate le cose, esistono a tutt’oggi delle importanti discordanze di visione. C’è chi pensa che l’atmosfera fosse ricca di ammoniaca, metano, idrogeno. I chimici sanno che questo vuol dire atmosfera riducente. Altre ipotesi propongono invece che i gas fossero azoto ed anidride carbonica. Quello che è sicuro è che non c’era ossigeno. Qualsiasi ipotesi o sperimentazione, volta a capire come sono andate le cose, deve tener conto di queste condizioni.
Anche per ciò che riguarda il luogo, l’ambito fisico in cui i primi organismi si possono essere formati, esistono discordanze. C’è una idea molto popolare che non è stata abbandonata pur essendo molto criticata, che è quella degli stagni caldi, piccole raccolte d’acqua collegate all’oceano in cui i composti organici hanno potuto concentrarsi, dare origine ai primi organismi viventi, in qualche modo che non sappiamo. Questa ipotesi è stata criticata e ne sono state proposte altre alternative. La critica fondamentale alla possibilità che la vita si sia sviluppata in raccolte d’acqua è che all’epoca un ambiente del genere era sicuramente molto inospitale; l’impatto con un asteroide, che all’epoca era molto frequente, avrebbe potuto portare ad ebollizione le acque superficiali, sterilizzando tutto quello che stava succedendo. Una ipotesi alternativa è che la vita si sia potuta originare a livello di bocche idrotermali, formazioni vulcaniche presenti lungo la linea di impatto delle zone continentali. Questo potrebbe essere un ambiente ideale, perché è più protetto e perché dispone dei due elementi fondamentali perché la vita possa svilupparsi: i composti chimici semplici e una fonte di energia.
Il punto di arrivo è un organismo semplice, sicuramente unicellulare. Abbiamo testimonianze degli organismi dei fossili, i primi organismi unicellulari. Per poter impostare il problema dell’evoluzione dall’inizio, dalla terra prebiotica, priva di organismi viventi, ai primi organismi, occorre però cogliere l’aspetto fondamentale di un sistema vivente. E un essere vivente è caratterizzato non solo dalla complessità, ma anche dal consistere di molte componenti che cooperano ad uno scopo definito. Questo vale per tutti gli organismi, anche i più elementari. Non si può comprendere come funziona un organismo vivente prendendo un pezzo per volta e in qualche modo analizzandolo, prescindendo da tutto quello che gli sta intorno. È invece una cooperazione di parti, e questo complica enormemente il problema della comprensione e del funzionamento; è un sistema ordinato ad uno scopo, e c’è un progetto contenuto in questo sistema. Questo progetto è contenuto nell’acido deossiribonucleico?
Il DNA, l’acido deossiribonucleico, è fatto di due filamenti in cui esiste una parte costante, una specie di scheletro di sostegno fatto di fosfati, e di uno zucchero, il deossiribosio (da cui il nome di acido deossiribonucleico), e una sequenza di quattro diversi tipi di basi azotate, timina, citosina, guanina, adenina. Il DNA di un organismo, anche il più semplice, come quello dei microorganismi più elementari, consiste di minimo qualche milione di basi. Noi abbiamo qualche miliardo di basi. E questo è un sistema di immagazzinamento delle informazioni, è una sorta di linguaggio a quattro lettere. Sequenze di basi di questo tipo immagazzinano qualsiasi tipo di informazioni. I due filamenti contengono informazioni complementari: dove c’è adenina su un filamento c’è timina sull’altro filamento, dove c’è citosina in un filamento c’è guanina nell’altro filamento. Questo implica che sulla base di sequenza di un filamento si può conoscere la sequenza dell’altro. Questo è il sistema di immagazzinamento delle informazioni.
I pezzi del macchinario che sostengono tutte le possibili funzioni sono molecole, che sono chiamate proteine. Le proteine sono assemblate secondo una modalità che ricorda quella del DNA, ovvero una molecola complessa può essere costruita a partire da pochi costituenti semplici, logica e criterio che d’altro canto valgono anche nei manufatti umani. I pezzi di cui consistono le proteine sono amminoacidi, di cui esistono venti tipi diversi. Sono molecole piccole, che sono fatte su una schema costruttivo comune ma hanno differenze importanti l’una dall’altra; una proteina sostanzialmente consiste dall’assemblaggio lineare di centinaia di amminoacidi, come una specie di filo su cui si infilano le perline di una collana. Le perline sono i singoli amminoacidi. Le proteine sono molecole in linea di principio lineari, ma che poi si raggomitolano e acquisiscono una struttura tridimensionale ben precisa. È possibile svolgere questa struttura che si è raggomitolata su se stessa, come un filo. Dalla sequenza degli aminoacidi dipende la struttura e dalla struttura dipende la funzione. Quindi questo assemblaggio apparentemente caotico risponde ad uno scopo funzionale ben preciso, che è la sua funzione. Tutte le funzioni sono sostenute da proteine.
Gli organismi, dai più semplici ai più complessi, hanno qualche migliaio di proteine. Ognuna di queste proteine sostiene una funzione biologica definita. Le proteine nel loro insieme rappresentano il progetto attuato. L’informazione che codifica per la sintesi per la produzione di una determinata proteina è contenuta nel DNA. Una sequenza definita di tre basi azotate di DNA istruisce per la sintesi di un determinato amminoacido. Il DNA contiene codificata l’istruzione per la produzione di tutte le possibili proteine. Attraverso un processo che si chiama trascrizione, vengono prodotte molecole di RNA, acido ribonucleico, strutturalmente simile al DNA, che trasporta l’informazione del DNA e che a sua volta istruisce la sintesi di proteine. Il processo di sintesi delle proteine viene chiamato anche traduzione, e in questo caso trascrizione, perché l’RNA sostanzialmente è simile al DNA in fatto di basi, ha piccole, ma importanti, differenze chimiche.
Le proteine sono dunque alla base di tutti i processi che portano non solo alla replicazione e quindi alla riproduzione dell’organismo, ma anche a quei processi che portano alla produzione dell’organismo stesso. Questo produce una interdipendenza ineliminabile, inestricabile tra le due classi fondamentali di molecole biologiche, le proteine e il DNA. Dobbiamo quindi assumere che proteine e DNA o acidi nucleici si siano formate ed evolute insieme, contemporaneamente, almeno per una certa parte del processo evolutivo.
Se questi sono il punto di partenza e il punto di arrivo, quali sono stati i tentativi di rendere conto di quello che è accaduto? Il primo esperimento risale al 1953, effettuato dall’allora giovane dottorando americano Stanley Miller. Egli, partendo dalla idea che nell’atmosfera primitiva fosse presente ammoniaca, metano, idrogeno, acqua, tenta di riprodurre il processo primordiale di sintesi di composti biologici. Produce in un alambicco questa atmosfera, crea un piccolo oceano in miniatura, e una fonte di energia sotto forma di scariche elettriche. I fulmini erano sicuramente frequenti nella condizione di allora. Lascia ciclare per qualche giorno questa miscela; analizzando quello che c’è nell’acqua e vede che si sono formati una serie di amminoacidi, componenti fondamentali delle proteine, ed anche altri composti biologici importanti. Questo esperimento ha avuto una portata culturale enorme, perché ha prodotto l’idea che, insistendo ancora, cambiando le condizioni, prima o poi si sarebbe arrivati ad assemblare anche le molecole più complesse e magari anche qualche piccola cellula.
Quello che viene fatto in seguito, fino più o meno agli anni ’70, è di riprodurre gli esperimenti “alla Miller”, secondo il medesimo schema, cambiando solo le condizioni sperimentali, come la fonte di energia o la composizione. In questo modo si ottengono molti altri composti biologici, tra cui le basi, quelle che compongono il DNA. Alla fine però ci si ferma a questo, oltre non si va. Questo tipo di sperimentazione oggi è sostanzialmente finita, nonostante le aspettative iniziali. L’aspetto interessante è che i composti di questo genere sono stati trovati anche in meteoriti e anche su per giù con lo stessa abbondanza relativa che ha ottenuto Miller nel suo esperimento. Questo significa che processi di chimica prebiotica, che preludono alla vita ma che non danno origine a essere viventi, avvengono sicuramente anche altrove nello spazio. Questo è avvalorato anche dalle analisi spettrali, che dimostrano la presenza nello spazio di composti semplici, importanti per la produzione di quei mattoni fondamentali come gli aminoacidi e le basi, per esempio l’ammoniaca, l’acqua, la forma aldeide. Dalla forma aldeide per condensazione possono formarsi zuccheri come il ribosio e altri ancora. In altre parole, noi abbiamo l’evidenza del fatto che processi di evoluzione chimica avvengono dappertutto, non solo sulla Terra, e una delle ipotesi che viene sostenuta da taluni è che, nella forma più riduttiva, i composti chimici di interesse biologico si siano raccolti sulla Terra proprio per l’apporto di meteoriti, comete e, nella forma più audace, che addirittura organismi viventi vengano dallo spazio.
Con Miller o con l’analisi dei contenuti delle meteoriti arriviamo alla soglia del vero passaggio, dal prebiotico alla vita, dalla chimica organica di composti biologici alla genesi di organismi viventi in senso stretto. Tutto quello che possiamo dire al riguardo sono ipotesi. Il primo ovvio tentativo di spiegazione è che a partire da composti semplici possa esserci stato un assemblaggio per puro caso: assumendo che basi o aminoacidi possano legarsi in condizioni opportune, formando delle sequenze di amminoacidi o proteine si può calcolare qual è la probabilità che si formino sequenze di acidi nucleici che hanno un senso nel linguaggio degli acidi nucleici o che hanno una funzione nel linguaggio delle proteine. È stato dimostrato che è assolutamente impossibile avere anche una piccola sequenza che abbia un significato: è stato calcolato che, se anche il brodo primordiale iniziale avesse avuto le dimensioni dell’intero universo, neppure in tutta la durata della vita dell’universo si sarebbe potuta formare una proteina con significato o una molecola di DNA con significato. Quindi, un assemblaggio casuale non può avvenire. Sono state dunque formulate altre spiegazioni.
Un esperimento interessante è stato fatto dall’americano Sidney Fox nel 1964, partendo dall’ipotesi che la vita si possa essere formata su coni vulcanici ad alta temperatura. Sfruttando il calore dei coni vulcanici, Fox prende amminoacidi, li porta ad alta temperatura e vede che si condensano molecole simili a proteine, che egli chiama proteinoidi, li mette in acqua e vede che si forma una sorta di cellulina. Ma in realtà questi aggregati non c’entrano niente con le cellule vere e proprie, perché hanno un contenuto proteico, ma senza alcun contenuto informazionale.
Esistono molti altri tentativi di questo genere, ma nessuno è riuscito realmente a ricostruire un processo plausibile, dati i presupposti da cui si è partiti. Il problema chiave a cui arriviamo adesso è un problema speculativo: date condizioni chimico-fisiche favorevoli nel contorno, la vita è un evento necessario oppure è qualcosa accaduta avendo contro di sé ogni calcolo delle probabilità? Onestamente, noi non sappiamo rispondere al momento a una o all’altra delle due possibilità; chi si occupa di questo argomento assume l’idea che la vita sia un evento necessario, se non altro perché questa ipotesi ha una valenza euristica, mette in moto in vista di qualche scoperta. Se al contrario si partisse dall’idea che la vita è un evento che è accaduto avendo contro di sé ogni calcolo delle probabilità, non si potrebbe indagare. Nessuno può dire quale delle due ipotesi sia vera, in un caso o nell’altro viene comunque suscitata una domanda chiave: se la vita aveva contro ogni calcolo delle probabilità, perché questo numero improbabilissimo alla lotteria è uscito? se invece la vita è un evento necessario, date le condizioni chimico-fisiche nel contorno favorevoli, chi ha “truccato” la materia per fare in modo tale che la materia stessa avesse inscritta questa irresistibile tendenza ad evolvere verso il vivente?
Per quanto infine riguarda le prospettive che ci sono oggi a riguardo di questo tipo di investigazione, ci sono due aspetti fecondi per la ricerca. In primo luogo, dato che gli esperimenti in laboratorio vanno avanti ancora ma non promettono di portare a scoperte clamorose, quello che può essere utile e interessante è l’approfondimento della comprensione dei sistemi biologici, di come funziona un organismo vivente. Il secondo aspetto che oggi va per la maggiore è quella che si chiama esobiologia: andare a cercare la vita su altri pianeti del sistema solare. Ci sono due pianeti che possono essere buoni candidati al riguardo, uno è Titano, satellite di Saturno, perché è molto freddo e ha una atmosfera che somiglia a quella che si ritiene fosse l’atmosfera primitiva. L’altro pianeta interessante è Europa, satellite di Giove, perché ha dell’acqua tenuta liquida dalle maree di Giove, quindi è un ambiente che ricorda il brodo primordiale.
Se si va a vedere cosa accade su questi pianeti è perché si sposa l’idea che la vita debba accadere necessariamente date le condizioni di contorno; e sia che non troviamo nulla sia che troviamo qualcosa, evidentemente possederemo un elemento in più per chiarirci le idee.

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