Dalla Via Lattea all’Infinito

Benedetta CappelliniSenza categoria

“A che tante facelle?”. La domanda di Leopardi, è stata scelta come titolo della mostra scientifico-storico-artistica, curata da Euresis, per accompagnare i visitatori del  Meeting 2007 attraverso le meraviglie della Via Lattea e delle sue rappresentazioni nella storia dei popoli…
… Una scelta non dettata da un puro gusto letterario e neppure dalla tendenza alla contaminazione delle culture, oggi tanto di moda. È piuttosto perché interrogativi come questo corrispondono perfettamente a quelli che hanno fatto nascere la scienza e che la fanno rinascere continuamente in coloro che vi si dedicano con passione e costanza.
Ma non è solo alla nascita. La domanda rispunta al termine di ogni percorso scientifico quando, analizzati i riscontri sperimentali, chiariti i dettagli e delineato il quadro (pur provvisorio) delle conoscenze, la domanda di senso riaffiora con maggior decisione. Gli interrogativi circa il nesso delle conoscenze più specifiche con il soggetto che le acquisisce, circa il vero valore e l’effettiva “utilità”di quelle conoscenze, percorrono tutta l’avventura scientifica e ne alimentano il dinamismo; lungi dallo spegnere o smorzare la curiosità, fanno da stimolo all’emergere di tanti perché particolari e non riducono, anzi acuiscono, l’esigenza di rigore e di aderenza ai dati della realtà. Proprio perché mosso da una domanda così decisiva per la vita, lo scienziato che ne è consapevole (e purtroppo ciò non accade sempre…) è ancor più serio nel seguire le regole e i metodi specifici della sua disciplina. Quel che c’è in gioco è molto di più della sola teoria scientifica, molto di più della possibilità di nuove realizzazioni tecnologiche: proprio per questo è necessario che la scienza dia il meglio di sé. È a questo livello che scienza e riflessione filosofica si integrano a vicenda: non tanto cercando forzosamente accordi e collegamenti ideologici quanto mettendosi, ciascuna nel suo ambito, alla ricerca delle risposte.

Nel caso dell’astronomia poi la domanda è resa più acuta e inevitabile per il fascino che da sempre la visione del cielo stellato ha esercitato sull’uomo; soprattutto oggi, dati i grandiosi risultati ottenuti dagli astrofisica e cosmologi e di fronte alle spettacolari immagini ad alta definizione che i moderni telescopi e il Telescopio Spaziale Hubble mettono a disposizione non soltanto dei ricercatori. Da qui l’idea di una mostra sulla Via Lattea: grande periferia del nostro ambiente terrestre; ma anche primo assaggio, visibile a tutti e ammirato già dagli antichi, di un ambiente ancor più sconfinato, popolato di miliardi di altre galassie e che sembra estendersi oltre i limiti di quel che l’uomo può raggiungere, fino a lambire l’infinito.
Quello dell’astronomia è il richiamo più immediato della scienza al tema dell’infinito, unitamente a quello della matematica (anche di questa si parlerà al Meeting 2006). Già Archimede, rifacendosi a un’esperienza elementare comune a tutti, faceva notare al suo sponsor: “Ci sono alcuni, Re Gelone, che pensano che il numero dei granelli di sabbia sia una moltitudine infinita … Ci sono altri che, senza considerarla infinita, pensano tuttavia che non sia mai stato nominato un numero abbastanza grande per superare la sua moltitudine”.

Tuttavia l’attrattiva che l’infinito suscita e che la scienza esalta particolarmente non è dovuta tanto al fatto che la nostra percezione si dilata fino a dimensioni inimmaginabili, quanto al fatto che ciò che percepiamo diventa segno di qualcosa d’altro, è come un’eco o un riverbero di un’alterità che si fa presenza. Allora ammirare lo spettacolo della Via Lattea, o immergersi negli spazi matematici a enne dimensioni, o sondare l’infinitamente piccolo nel profondo della materia, sono tutte strade per imparare a incontrare l’Infinito in un granello di sabbia, in un fiocco di neve, in una goccia d’acqua.